Mezzo secolo esatto: sono passati 50 anni dal 2 febbraio 1971, il giorno in cui a Ramsar (città iraniana che sorge nei pressi del Mar Caspio) fu firmata la convenzione che ha preso il nome della stessa località e che riguarda la protezione internazionale delle zone umide. Un anno dopo ci sarebbe stata la grande Conferenza delle Nazioni unite sull’ambiente umano di Stoccolma, la prima volta che le nazioni di tutto il mondo si riunirono per parlare di ambiente. Con le sue decisioni, linee guida e dibattiti, la Convenzione nasce anche per rispondere all’esigenza di invertire il processo di trasformazione e distruzione delle zone umide quali ambienti primari per la vita degli uccelli acquatici, che devono percorrere particolari rotte migratorie attraverso diversi Stati e Continenti per raggiungere ad ogni stagione i differenti siti di nidificazione, sosta e svernamento.
Con il passare del tempo, e con l’aumentare dei trattati internazionali per la conservazione della natura, la Convenzione ha cercato di allargare i suoi obiettivi su tutti gli aspetti riguardanti la conservazione e l’uso sostenibile delle zone umide. Secondo molti, però, la Convenzione non è mai riuscita ad acquisire la forza e le capacità necessarie per coordinare il difficilissimo dibattito internazionale riguardante alcuni aspetti della gestione dell’acqua, per i quali altri movimenti internazionali si sono iniziati.
Dall’ultimo aggiornamento, presente sul sito ufficiale, risulta che hanno aderito alla Convenzione 171 paesi e che il relativo elenco comprende 2.412 siti per una superficie totale di 254.467.869 ettari. L’Italia è presente con 56 siti individuati e una superficie totale di 73.308 ettari.