«Comunque vada, benché la “zona rossa” sia ascrivibile all’inaffidabilità del sistema sanitario, per la Calabria tutto ciò coinciderà con un danno alle attività. C’è da intervenire fronteggiando, con risorse adeguate, gli effetti negativi che lo tsunami “zona rossa” provocherà alla Calabria e risolvendo le criticità del sistema sanitario. Tuttavia – afferma il consigliere regionale Francesco Pitaro – il virus non sia l’alibi per non occuparsi di questioni altrettanto importanti che affliggono parte dell’economia calabrese».
In riferimento alla sospensione – prevista dal DPCM del 3 novembre – dell’attività venatoria, Pitaro invita il presidente della Regione Spirlì a farsi carico, presso il Ministero dell’Interno e le Prefetture calabresi, di una situazione «sempre più difficile e non più sostenibile». Spiega: «Il moltiplicarsi senza controllo degli ungulati è un problema che arreca ingenti danni all’economia agricola ed è ormai diventato un pericolo pubblico persino nelle città. Pertanto, inibire la caccia (a poche settimane dalla riapertura) significa acuire i danni al nostro ricco patrimonio ambientale, ad una larga fetta dell’economia calabrese e, soprattutto, all’incolumità dei cittadini.
Chiedo, dunque, al presidente Spirlì – conclude il consigliere regionale – di farsi portavoce presso il Ministero dell’Interno e le Prefetture calabresi della richiesta di non sospendere l’attività venatoria, consentendo ai cacciatori di circolare liberamente sul territorio regionale. L’ultimo DPCM vieta ogni spostamento non giustificato da motivi di lavoro, istruzione, salute o necessità, ma si deve tener conto che tutelare le aziende agricole, alleviandone i disagi con la riduzione della presenza dei cinghiali, è un’esigenza insopprimibile. Tra l’altro, la caccia è un’attività esercitata in luoghi aperti e con il dovuto distanziamento sociale, cosicché sarebbero immotivati i timori di un elevato rischio di contagio nel praticarla» (Strill.it).