La presenza di un lupo — una delle specie più emblematiche del nostro patrimonio naturale e culturale — all’interno della riserva naturale Wwf Le Bine, all’interno del Parco regionale Oglio Sud, documentata dalle fototrappole collocate dal responsabile Francesco Cecere, «non è una sorpresa» secondo Marco Galaverni, direttore Programma e Oasi di Wwf Italia Onlus. «C’è traccia di un insediamento stabile, ormai identificato da tre anni, a San Daniele Po — spiega —. Altri nuclei sono presenti in Emilia Romagna, a Ferrara e a Bologna. C’è stato il caso del lupo recuperato nel Naviglio grande a Milano due anni fa e ogni settimana si registrano nuove presenze anche in Pianura padana.
Sino a dieci anni fa l’ambiente era inidoneo alla presenza dei lupi, ma ultimamente le cose sono cambiate». Che cosa, in particolare, si è modificato in modo tale da richiamare i lupi anche nelle nostre zone? «La diffusione di prede come possono essere gli ungulati, i caprioli che hanno raggiunto le zone boschive e le foreste di pianura, e le nutrie». I roditori rappresentano una base alimentare diffusa e appetibile per i lupi, osserva Galaverni. Quindi i lupi possono dare una mano al contenimento delle nutrie? «Ipotizziamo che le stime che vengono fatte siano verosimili, cioè che in Pianura padana siano presenti due, tre milioni di nutrie, e che si possa arrivare alla diffusione di un centinaio di lupi. Ogni lupo mangia una nutria al giorno.
Facendo i classici ‘conti della serva’ si può comprendere come cento lupi possano eliminare in un anno circa 36.500 nutrie». In tre anni possono arrivare a circa 100 mila ed è evidente che le proporzioni sono tali da non poter far immaginare, pertanto, un contenimento radicale. «Però — sottolinea Galaverni — c’è un aspetto di cui tenere conto, ossia che il contesto che si viene a creare con la presenza dei lupi per le nutrie è più stressante, perché hanno a che fare con un antagonista per loro pericoloso, per cui devono fare attenzione a dove e come si muovono» (La Provincia).