Wilderness: La scienza contro la logica: impegno per una seria politica di biodiversità. Si fa presto a dire Lupo. Ma quale lupo abita, abitava e abita ancora (o di nuovo) l’Italia? Può sembrare una questione di lana caprina, ma la cosa è serie, scientificamente serie.
Agli inizi del secolo scorso il noto zoologo Giuseppe Altobelli descrisse e determinò la sottospecificità del Lupo appenninico, prima di allora animale mai studiato sotto questo aspetto, e giunse a stabilire scientificamente, ancorché oggi messa in discussione dalla moderna scienza che può avvalersi delle analisi della mappatura genetica (sebbene non ancora perfetta), l’esistenza di una sottospecie di Lupo meridionale, che egli denominò Canis lupus italicus, per distinguerlo dal Lupo del settentrione e di gran parte d’Europa, che la scienza ha catalogato come Canis lupus lupus. Non so quanto possano oggi essere ancora valide queste distinzioni, ma è certo che sia il Lupo del centro e sud Italia, così come il Lupo che vive nell’Iberia (Spagna e Portogallo) sono decisamente diversi come fenotipo, e di mole e di colorazione del mantello, da quelli delle popolazioni sopravvissute nel centro-est e nord Europa; due elementi comunque importanti ancorché magari dovuti a situazioni ed adattamenti ambientali, che però vanno riconosciuti e, nel limite del possibile, rispettati. Oggi il rischio ibridazione di cui si parla tanto tra lupo e cane, è in realtà un fattore di rischio molto più attuale tra le diverse popolazioni di lupo esistenti in Europa che non con ipotetici cani inselvatichiti; ed in particolare lo è per quella popolazione di lupi ormai ampiamente presente nelle Alpi occidentali in quanto esistono pesanti indizi in merito alla sua reale origine, fatta passare per italica, ma che verosimilmente tale non è. Ed il rischio è che si sia “creata” questa popolazione con operazioni di introduzioni avvenute in Francia a partire dai primi anni ’90 del secolo scorso (ma anche, pare – secondo alcune voci che corsero all’epoca e che sarebbe stato il caso di verificare – da una inopinata fuoriuscita di esemplari dell’est Europa dallo zoosafari di Murazzano nelle Langhe cuneesi), utilizzando esemplari di lupi tenuti in cattività e alla cui origine geografica certa non è più possibile risalire a causa dei tanti incroci avvenuti nei recinti in cui sono stati tenuti esemplari di lupi di varia provenienza (finanche dall’America e dalla Mongolia!), come le prime fotografie e/o riprese filmate di questi esemplari presenti nelle Alpi sembrano voler dimostrare (e, non per nulla, quasi tutte oggi introvabili o “secretate” dagli organismi che le diffusero). Oggi è quindi importante stabilire al più presto una mappa genetica dei lupi originariamente presenti nelle Alpi, da farsi mediante i reperti ancora ritrovabili nei musei (personalmente sono a conoscenza di una pelle mai registrata da alcun istituto, museo o studioso!), al fine di stabilire quale Lupo vi abitasse. Un’operazione che, se fossimo un Paese serio, avremmo dovuto fare fin dall’inizio di queste osservazioni, anziché fidarsi ciecamente (ed ottusamente!) di quanto ci raccontavano quelli che volevano “un lupo qualsiasi pur che ci fosse il lupo”, dando per scontata la loro provenienza dall’Appennino, quando era ovvio che ciò non poteva essere trattandosi di esemplari morfologicamente e caratterialmente molto diversi, segni quindi di una ipotizzabile, e tenuta nascosta, liberazione avvenuta nel versante francese, ed in particolare a partire dalla zona del Parco Nazionale del Mercantour dove fu rinvenuto, guarda caso, il primo lupo con evidenti segni di aver portato un collare.
E così dicasi per la popolazione appenninica, ed in particolare per quella del centro-sud, ma anche di quella, nutrita, presente in Emilia Romagna, dove già oggi si riscontrano molte anomalie e fenomeni di ibridazione (con esemplari della popolazione alpina? Con cani lupi?) non riscontrabili altrove (non si dimentichi che dubbi vi furono anche per le prime segnalazioni di lupi – in branco – nella Liguria genovese interna). Vi sarà poi forse un problema di interbreeding per le popolazioni che ormai occupano tutto l’arco ligure, con due maggiori presenze, una ad est, dal sud fino allo spezzino, ed una ad ovest dalla Francia fino al savonese, con altre sparute presente intermedie che non hanno mai creato quelle popolazioni invece – e letteralmente! – esplose, ad est nel parmense ed in tutta l’Emilia Romagna, ed ad ovest nel cuneese a cavallo tra Piemonte e Francia. Un settore, quello ligure, da cercare di trasformare in barriera affinché le due popolazioni mantengano le loro caratteristiche genetiche, lasciando caso mai all’evoluzione naturale il fenomeno di interbreeding e, possibilmente, non favorirlo, affinché l’originaria popolazione appenninica continui a mantenere le proprie caratteristiche genetiche di sottospecie meridionale. Provvedendo invece alla selezione della popolazione alpina, mediante l’assoluta eliminazione di tutti gli esemplari la cui mappatura genetica dovesse rivelare una situazione di interbreeding tra varie sottospecie; allora sì, si potrà parlare, da un lato di popolazione alpina, favorendo la sottospecie di origine centro-est europea, e dall’altro di popolazione appenninica (la presenza di branchi sempre più numerosi nel nord-ovest delle Alpi francesi, nei Vosgi ed in Svizzera – si parla anche della Germania – fa altresì pensare a qualche altra operazione di introduzione, perché i branchi non si creano in poco tempo, ed a volte occorrono anni ed anni prima che da pochi individui occasionali per dispersione, creino vere e proprie popolazioni!).
La stessa curiosità e fretta di impegnarsi in ricerche e studi sulla presenza del lupo nelle Alpi, se fossero giunti dall’Appennino ha scarsa spiegazione logica, visto che il lupo è più presente, appunto in Appennino. Una ricerca che si giustifica assai poco se i branchi si fossero creati autonomamente per mera e semplice espansione della popolazione; ma che invece diventa molto interessante qualora i lupi fossero stati reintrodotti! Bisognava allora capire come si sarebbero comportati, come avrebbero occupato il nuovo territorio, quali problemi creavano alle popolazioni locali di ungulati selvatici e domestici. Indagini e ricerche sempre più aumentate (specie tra Piemonte ed Emilia Romagna, ed oggi Liguria), mentre tutti si sono disinteressati dell’espansione verso Sud (per quanto noto, stranamente, non esistono ricerche nel centro e sud Italia!), probabilmente proprio in quanto, quella sì, di chiara ed indubbia origine naturale! Si studiano sempre le nuove popolazioni di animali, che si siano create naturalmente o artificialmente; raramente si studiano le semplici espansioni dei loro areali: al massimo se ne prende nota. Invece in questo caso c’è stata una vera e propria esplosione di studi e ricerche… e di finanziamenti a loro sostegno! Un interesse quanto meno anomalo. A meno che non si volesse capire quale successo abbia avuto un’operazione di reintroduzione studiata ed effettuata da qualcuno! Oggi c’è invece un abisso tra gli studi sul lupo al Nord e l’indifferenza sulle popolazioni al Sud! Perché? Al Sud, vedrete, si inizieranno a farle, le ricerche, solo quanto qualcuno avrà provveduto a reintrodurre il lupo in Sicilia! Uguale operazione, uguali studi! Infine, al solito, tutti parlano di “ricolonizzazione dei lupi dall’Italia”, ma TUTTI lo dicono per sentito dire, per mera ripetizione di una diceria mai dimostrata neppure indiziariamente. Lo si dice perché DEVE ESSERE VERO al di là di ogni ragionevole dubbio. Quel ragionevole dubbio che invece la Commissione del Parlamento francese ha accertato con grande serietà (e che in Italia tutti fanno finta di ignorare!). Nei miei interventi ho più volte fatto riferimento ad un documentario sul lupo in Francia diffuso in Italia dalla National Geographic (girato solo pochi anni dopo le prime segnalazioni nelle Alpi franco-piemontesi) nel quale, guarda caso, praticamente non si cita mai e tanto meno si enfatizza (come ci si sarebbe dovuto aspettare) il suo arrivo dall’Italia: al contrario, il documentario si svolge tutto tra i lupi del Parco (si fa per dire!) privato dello Gèvaudan e quello nazionale del Mercantour, dove, sempre per caso (!) sono stati avvistati i primi lupi; il documentario è tutto un gioco sull’ambiguo, nel quale il parco recintato dello Gèvaudan viene raramente citato, quasi a creare l’illusione di lupi in libertà nel Mercantour, dove la troupe va spesso a cercare di riprenderli, ma senza mai riuscirci né dire quando le riprese sono nel parco recintato (anche se lo si intuisce); il fanatismo (lupofilia!) del personaggio che ha creato quella specie di allevamento privato di lupi è evidente (in quel recinto vi sono lupi di varie specie: europei, canadesi, mongoli e siberiani). Se io fossi stato al suo posto, mi sarei dato da fare, e molto, per reintrodurre il lupo; tanto più disponendo sia di esemplari di lupo (con crescita esponenziale annuale) sia di grandi possibilità economiche. Non so se lui lo ha fatto, e penso che non lo potremo mai sapere. Tuttalpiù si potrebbe sapere di eventuali inopinate fughe dal recinto (come si dice siano avvenute anche nello zoosafari delle Langhe), perché sono cose che possono succedere. La conclusione elogiativa del documentario nei riguardi di questo personaggio è altrettanto ambigua, sebbene suoni diversa dalla traduzione fattane nella versione italiana.
Ecco le due versioni (quella italiana citata a memoria):
Originale: “… siamo grati a … (omissione per questione di privacy) che ha consacrato la sua vita alla riabilitazione del lupo”. Grazie a lui abbiamo potuto, poco alla volta, stabilire un rapporto affettivo molto forte con i lupi.” Versione italiana: “… siamo grati a … (omissione per questione di privacy) se il lupo è ritornato in Francia”. Ovvero, nessun ringraziamento all’Italia per aver permesso la crescita e diffusione del lupo fino a consentirgli di giungere in Francia! No. Anzi, “GRAZIE … (omissione per questione di privacy)”!!!
Come se si fosse voluto lanciare il messaggio: chi vuol capire capisca!
Oggi la stessa anomala presenza di lupi in varie parti della Svizzera porta a pensare ad altre operazioni di liberazione, su imitazione di quanto presumibilmente fu fatto in Francia, (fatte da chi? Un mistero, come mistero resta ancora quello delle prime liberazioni di Linci in Svizzera): un esplosione di lupi che è assolutamente illogica e che, anche se volessimo accettare quella appenninica verso nord, poi non si spiega con la minore presenza verso sud. Come ho scritto da tempo, io sono certo che un giorno quando il DNA diverrà cosa seria e valida (ed in mano a laboratori super-partes!), si scoprirà l’arcano, perché ci sarà lavoro per determinare le varie popolazioni di questo “lupo qualsiasi pur che ci sia il lupo”. Costrette, le autorità, a doverne ridurre drasticamente il numero ogni anno come già si fa per cervi e caprioli e come da anni si sta facendo in tutti i Paesi del mondo dove esistono popolazioni in crescita di lupi; e proprio ed anche, non tanto per ridurre l’eventuale loro pericolosità per l’uomo, quanto per ridurre i danni che essi arrecano all’economia pastorale. Sinceramente, a me questo ambientalismo-animalista poco scientificamente serio fa letteralmente schifo! L’operazione ritorno del lupo nelle Alpi andava fatta, ma con la serietà degli americani per le loro reintroduzioni nello Yellowstone ed in altri luoghi degli States, quando si procedette ad un lungo periodo di educazione in merito verso la popolazione (umana) locale, che avrebbe poi dovuto subirne l’impatto negativo. E con una seria scelta delle sottospecie da reintrodurre. Da noi è stato probabilmente fatto qualcosa di antidemocratico, di anti-scientifico e di anti-sociale: tutti felici di avere “un lupo qualsiasi pur di avere il lupo”. Io no! E spero che un giorno si inizino le operazioni di “ripulitura genetica”. Ma sarà dura, se mai si dovesse scoprire che sono stati mischiati esemplari di varia provenienza genetico-geografica o, peggio ancora, già ibridi tra varie sottospecie: che è poi la cosa più probabile! Ma su cui nessuno indaga, pur disponendo dei milioni di Euro dei finanziamenti europei per… studiare il lupo! La conservazione della purezza genetica è la vera emergenza per la biodiversità faunistica italiana (e andrebbe fatta anche per tante specie di animali, inquinate da immissioni a scopo venatorio quando non vere e proprie introduzioni, sempre a scopo venatorio, e/o liberazioni di spudorati animalisti).
La ragionevolezza di Luigi Boitani: un merito!
Il massimo esperto del Lupo in Italia è ormai sulla linea perseguita dall’AIW come unica soluzione al problema del Lupo, per una convivenza fattibile che eviti il libero diritto di difesa di un tempo da parte di chi dal lupo ha solo dei problemi e danni economici, e che portarono il lupo sull’orlo dell’estinzione e addirittura all’estinzione in molte regioni ed in molti Paesi. Glie ne siamo grati!
N.B.: Dichiarazioni estratte da varie interviste, premesse nelle citazioni.
31 Ottobre 2014
dal sito Internet WWW.PIANO BATTAGLIA.IT
«Il Prof. Boitani risponde alla nostra domanda: “Fare tornare il lupo in Sicilia e sulla Madonie, è possibile?”»
“il Lupo sia un animale estremamente adattabile. Indipendentemente dall’ambiente in cui si trova, la popolazione crescerebbe rapidamente e senza un progetto di base, si correrebbe il rischio di trovare gli animali nei paesi, con gravi ripercussioni sociali. In questo senso bisognerebbe prevedere una controllo numerico anche sulla popolazione dei lupi. Per questo serve prima una seria progettazione.” “Il piano tecnico va concordato con fermezza dai vari gruppi di interesse in cui tutti devono essere coinvolti, dall’amministratore all’allevatore. Senza un progetto fondato non si va da nessuna parte; in tal senso un esempio è la Scozia, dove si discute della reintroduzione del Lupo dal 1975, e dove probabilmente non verrà reintrodotto mai.” Il Professore ha anche risposto sulla questione dei suidi: “Certamente l’unico sistema per controllare il numero di suidi è l’abbattimento selettivo, non c’è altra scelta.”
13 Dicembre 2014
da sito Internet WWW.VERAMENTE.ORG
«La lunga marcia del lupo. il prof. Boitani in Lessinia». “Come ipotesi Boitani non esclude che la conservazione possa prevedere anche la rimozione se, tentate tutte le strade, la convivenza in una determinata regione risulta impossibile. Questa eventualità si riconnette all’altro punto fondamentale della questione, quella della prevenzione dei danni.”
Marzo 2015
dalla rivista CACCIARE A PALLA
“Qualunque sia il livello di conflitto, è comunque un peso che ricade sulla categoria degli allevatori e ogni sforzo deve essere fatto per essere eliminato o ridotto a livelli tollerabili come è stato per tanti secoli di convivenza. Ci sono molte soluzioni ragionevoli e fattibili, ma richiedono la collaborazione di allevatori, governi e cittadini: se la base di partenza è un’indisponibilità a collaborare, temo che i conflitti saranno insolubili.” Domanda: “I lupi, in prospettiva, rappresentano una specie gestibile in Italia anche attraverso il prelievo venatorio, oppure no?” Boitani: “Perché no? Il lupo è una specie selvatica come le altre e, se le sue popolazioni sono sane, può certamente essere una specie di interesse venatorio e sostenere un prelievo calcolato e sostenibile.”
27 Marzo 2015
dal sito Internet WWW.LA STAMPA.IT
«L’Europa lo dimostra: uomini e carnivori possono coesistere. Intervista a Luigi Boitani, uno tra i massimi biologi italiani»
“Se guardiamo a queste popolazioni di carnivori, dobbiamo ammettere che la protezione integrale non è ammissibile. Gli animali si riproducono.”
“Dove stanno queste 4 specie di carnivori, a volte tutte e quattro insieme, come in alcune zone della penisola scandinava, c’è maggiore completezza nelle funzioni ecosistemiche. Però è anche vero, e va detto senza remore, che il concetto stesso di coesistenza implica che noi si debba intervenire per ridurre la densità naturale di questi carnivori in qualche area. Dobbiamo essere consapevoli che facendolo talvolta siamo costretti a indebolire la catena trofica. Ma quale alternativa c’è? In questo momento storico, se guardiamo agli ultimi 30 anni e ai prossimi 30, la grossa fauna europea sta bene. In generale, l’intero ambiente europeo sta meglio, il che apre prospettive in divenire per la connettività delle popolazioni di carnivori attraverso il continente.”
“Finisco sempre le mie conferenze in America dicendo, smettete di pensare allo Yellowstone e guardate l’Europa perché voi tra poco sarete come noi: in media, 2 lupi per 100 chilometri quadrati. In Italia le foreste sono aumentate, gli ungulati sono esplosi e oggi l’Italia è molto più selvaggia di 300 anni fa. Abbiamo bisogno dei carnivori non solo da un punto di vista ecologico, ma anche psicologico. Un paese che non ha più un carnivoro, solo pecore, ma siamo matti ? Abbiamo bisogno di essere carnivori anche un po’ dentro di noi.”
Alcuni chiarimenti e precisazioni
Quando, il mese scorso, è stato diffuso il Documento sul Lupo dell’AIW (visionabile nel nostro sito Internet: wilderness.it) qualcuno ha strumentalizzato il riferimento che nell’introduzione si faceva del dramma dell’aereo della Germanwings fatto precipitare sulle Alpi francesi. Ma il riferimento era motivato dalla constatazione, e quindi prova indiretta, di un alta (ed anomala!) presenza di lupi: io non credo che si sarebbero scritte le stesse cose se un simile disastro fosse capitato in Appennino! Qualcuno ha scritto che non fosse credibile che i lupi minacciassero i resti delle salme dei morti, quando è notorio che i lupi divorano qualsiasi carcassa animale che dovessero trovare, sia essa di animale selvatico e/o di uomo. E la stessa logica ci dice che in presenza di resti sparpagliati di ben 150 persone con una presenza in zona di una nutrita popolazione di lupi, immaginare che ciò non succeda o non possa verificarsi, non è da cosiddetti “esperti” di animali, ma da assoluti incompetenti di animali! A meno che indotti… da palese malafede!
Altri hanno scritto che nessuna autorità abbia mai pensato di eliminare i cani che in tanti casi hanno aggredito l’uomo, dicendo un’altra falsità in palese malafede. Perché questi animali sono sempre stati, o eliminati nel vero senso della parola (ovvero uccisi con armi da fuoco) o relegati in canili. Quindi, sempre “eliminati” dalla possibilità che possano ancora avere rapporti diretti con l’uomo o le sue proprietà.
Qualcuno ha fatto quasi passare la diffusione del Documento dell’AIW come una strumentalizzazione del doloroso succitato fatto, quando invece si è trattato di una pura coincidenza, in quanto di quel Documento si era discusso per circa un mese in Consiglio Direttivo AIW, ed era poi stato definitivamente approvato proprio il giorno prima che l’aero precipitasse. Altro che “strumentalizzazione indegna”. Qui chi strumentalizza sono proprio gli oppositori al Documento dell’AIW che pur di difendere i lupi arrivano a negare non solo fatti reali, ma anche logiche ed elevate probabilità. Per concludere. Può sembrare assurdo, ma oggi il miglior modo per difendere il lupo e garantirne la sopravvivenza e la sua presenza nell’equilibrio naturale del nostro Paese è proprio quello di CONSENTIRNE LA RIDUZIONE DEL NUMERO! Non per nulla si apprende che in Spagna la quota che i cacciatori pagavano per abbattere un lupo è scesa di un quarto dall’iniziale 14.900 euro a capo: logico pensare che sia per la necessità di ridurne il numero per il solito ed altrettanto logico contenimento dei loro danni. E le associazioni ambientaliste della regione cantabrica hanno ormai accettato l’idea che si debba intervenire per ridurre il numero dei lupi se si vuole evitare una reazione che potrebbe divenire pericolosa per lo stesso lupo. Se non lo si farà anche da noi, aspettiamoci una nuova guerra contro il lupo. Intanto si apprende che in Francia le autorità stanno decidendo lo stesso passo. E’ la saggezza che si sta facendo strada, una saggezza che è volta, anche e proprio, alla difesa del lupo, il quale si difende spendendo meno soldi in inutili ricerche e studi e più rimborsi dei danni!
Ed infine un ultimo PS
Si apprende in chiusura di questo documento, che il Parco Nazionale d’Abruzzo, per soddisfare una richiesta del Parco Regionale delle Alpi Marittime, avrebbe inviato o starebbe per inviare al suddetto Parco, un VERO LUPO APPENNINICO (ED ABRUZZESE!) che era stato tenuto in cattività in un paese del Parco, recuperato dalle guardie e poi curato (aveva evidentemente subito dei traumi). Come mai questa richiesta? Che, forse, come era già intuibile per chiunque abbia conoscenza del Lupo, i lupi che già da diversi anni sono tenuti in cattività nel “Centro Faunistico” di quel Parco (ed anche in quelli del prossimo Mercantour) non sono affatto lupi appenninici? E, se del caso, questo differenza è fatta notare, almeno con una cartellonistica, ai visitatori? E come mai, con i tanti lupi catturati nelle Alpi, sia allo scopo di prelevarne il DNA e/o perché trovati in deperimento o altro, non si è mai pensato di mettere uno di essi (in tanti anni ne sarà stato ben catturato qualcuno poi difficile da riliberare, come ad esempio il cucciolo di Ormea di qualche anno fa) nel suddetto “Centro” visto che li considerano appenninici? Invece no, guarda caso ne chiedono uno all’Abruzzo, con i costi che dovranno subire per il solo trasferimento! Evidentemente qualcuno ha dei dubbi, e sempre qualcuno ha interesse ad avere il VERO LUPO APPENNICO da far vedere ai visitatori. Una necessità di cui non si sarebbe dovuto sentire alcun bisogno se tutti quei lupi, sia all’interno del “Centro” sia al suo esterno e liberi per le Alpi franco-piemontesi sono, come OSTINATAMENTE si è sempre cercato di far credere, LUPI APPENNINICI. Chissà se mai verrà un giorno in cui si farà chiarezza su questo “Lupo qualsiasi pur che ci sia il lupo”?!
Murialdo, 8 Maggio 2015
Franco Zunino
SEGRETARIO GENERALE DELL’AIW