Wilderness Italia sulla questione della tutela dell’Orso marsicano di recente portata alla ribalta per il protocollo d’intesa firmato in tal senso tra Ministero dell’Ambiente e Associazioni Venatorie; “…far girare la giostra, attorno all’orso marsicano!”
E’ morto un orso per supposta TBC bovina (anche se la scienza ci dice che la tbc è spesso effetto di altri mali, quali, ad esempio la denutrizione), e subito la tbc diventa un problema primario o l’unico, sebbene nessuna traccia recente sia sta individuata tra gli animali domestici supposti “portatori” della malattia. Troppo gustosa la notizia, però, per accantonarla, visto che si presta a spingere le autorità a proibire il pascolo agli odiati allevatori, ormai agli occhi dell’opinione pubblica resi colpevoli di ogni nefandezza, anziché vederne l’aspetto positivo per il mantenimento della biodiversità dei pascoli e l’apporto indiretto alle esigenze alimentari di orsi, lupi e volpi ed avvoltoi ed aquile reali.
Qualche tempo fa apparve un’altra malattia a rischio per l’orso marsicano, la pseudorabbia, ma questa fu subito fatta dimenticare, messa tra le notizie da non dare e tante meno da divulgare (altro che interviste specifiche ad esperti ed autorità!). Perché? Semplice, questa malattia la si può solo combattere con le vaccinazioni e l’aiuto degli altrettanti odiati cacciatori (nemici dell’orso a prescindere!) affinché riducano la presenza dei cinghiali, portatori sani. E allora, meglio non parlarne e buttarsi tutti sull’ultimo caso di morte per supposta tbc bovina, cosa che permette di attaccare gli allevatori. E di mettere in campo altri apparati di ricerca e studi, quel circo che ha già fatto bruciare 15 milioni di euro senza costrutto alcuno (almeno per l’orso), perché a questo sembra volersi avviare il Ministero dell’Ambiente, che secondo le ultime notizie già parla di “gruppi di lavoro”, “strategie” e… dei soli immancabili “piani”.
Ma il problema dell’Orso marsicano è vecchio di oltre mezzo secolo, ed è a quelle radici che bisogna far risalire i problemi attuali (mai risolti e sempre rinviati!). Quei problemi, sempre gli stessi, che ancora oggi si presentano, solo con diverse sfaccettature. Per tornare all’oggi, maggio-giugno 2014: il problema non sono i carotai degli allevatori, ma il perché l’orso va a cercare questi carotai, attraversando in continuazione le “pericolose” strade, ridicolmente segnalate ai turisti, che sempre più le frequentano proprio perché attratti dalla possibilità di fare facili osservazioni di orsi, ormai sempre più domestici e, quindi, “problematici” (altro bel problema che ha subito creato posti di lavoro per i “risolutori”!). Ovviamente non c’è (non ci sarebbe!) nessun bisogno di altre ricerche per capirne le ragioni; se non fosse che non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire.
Troppo semplice, banale e non remunerativo per ricercatori e studiosi far seminare campi di mais, far pascolare greggi di pecore, riservare oasi di quiete all’orso, ridurre la presenza competitiva di cinghiali e cervi. In America, questo farebbero. In Italia queste proposte sono ritenute poco scientifiche! E guai a metterle in pratica, caso mai dovessero veramente rivelarsi risolutive, col rischio di far fermare quella giostra che ha già divorato 15 milioni di Euro in studi e ricerche!
Franco Zunino
Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness
( 3 giugno 2014 )