In altro spazio della rivista trattiamo la cartuccia .378 Weath. Mag. mentre qui proponiamo il fucile che la impiega, un Mark V degli Anni 60, quindi successivo non di molto rispetto ai primi esemplari messi in commercio fra il 1957/58. Roy Weatherby aveva impiegato per diverso tempo meccaniche Mauser o FN, qualche cosa anche della Schultz & Larsen danese, ma quando era giunto alla determinazione di creare una cartuccia da Africa che svettasse sulle concorrenti, la .378 appunto, si era deciso al grande passo di allestire un’azione in grado di padroneggiare pressioni quasi tre volte superiori alla media allora in vigore. Secondo lo stile statunitense, fortemente in vigore in quel dopoguerra dove potenza industriale, capacità organizzativa, coesione nazionale avevano portato lo Stato e il pensiero dei cittadini ai massimi livelli di autostima, ogni realizzazione doveva calare sul mercato con un’aura di magnificenza e di valore assoluto: non si trattava di esteriorità, ci voleva anche quella beninteso, ma proprio di porre in essere un qualcosa di inusitato, capace di suscitare ammirazione proprio in virtù delle qualità intrinseche racchiuse nel prodotto. La carabina Mark V viene quindi dotata di fattori che vanno ben al di là dell’usuale principiando dalla calciatura in legni di alta qualità, riporti in essenze esotiche dai rutilanti effetti cromatici, dalle forme benevolmente aggressive che tengono conto soprattutto di alcuni fattori prima non così seguiti: il calcio Montecarlo ha nella Casa californiana uno dei suoi massimi esegeti e quelle forme un po’ squadrate del fusto e dell’asta con l’apice tagliato di sbieco faranno scuola, o quanto meno, condurranno molti altri costruttori a seguire l’onda del momento. Dalla calciatura si passa al cuore del fucile, l’azione: qui dominava la fenomenale intuizione di Mauser che con il movimento militare K98 aveva indicato la strada più opportuna da seguire per ottenere un fucile rigato dalle prestazioni eccellenti e dai costi abbordabili. Il mitico Roy ragiona in altri termini numerici e volumetrici, con altre operazioni meccaniche per cui appare un castello con il solito anello tondo e un cospicuo prisma di scarico delle forze, abbinato con pareti spesse e robuste al ponte posteriore a due diametri, entrambe le entità predisposte per il montaggio di un’ottica. Secondo le buone regole vengono allestite diverse misure dell’azione così da disporre di un congruo ventaglio di possibilità per la serie di cartucce che passa dalla minuscola .224 alla poderosa .460.
Nell’otturatore appare la novità più marcata: il cilindro presenta una sezione molto maggiore rispetto alla norma con scanalature longitudinali che da un lato alleggeriscono la massa e dall’altro ne incrementano la rigidità torsionale mentre la testa ha le alette ricavate entro il diametro massimo, quindi con una fresatura in diminuzione per ricavarne lo spessore. Il numero di queste alette di tenuta e chiusura è quanto maggiormente differenzia il progetto: sono ben nove poste su tre file da tre quindi su una lunghezza notevole così che tale propaggine sfrutta la dimensione del lungo anello. Ovviamente la pubblicità martellava su tale incremento numerico e i detrattori, non appena riavutisi dallo shock di questo divario, indicavano nella minuscola dimensione di ogni aletta, nell’aggiustaggio non sempre così semplice per metterle in tiro con giusta sintonia, nell’allontanamento progressivo dei punti resistenti dal punto di applicazione della forza le teoriche negatività del sistema. Riportiamo queste considerazioni che per diversi anni si sono fatte sentire, ma possiamo considerare un solo fattore: la robustezza di questa meccanica non ha mai dato il benché minimo problema, la precisione è sempre stata uno dei maggiori punti di forza, anche abbinata a diverse delle cartucce della stessa Casa, la manovrabilità del manubrio con angolo di apertura ridotto a soli 54° unita a una scorrevolezza non comune, un esempio di eccellente funzionalità in ogni situazione. Nello specifico osserviamo ancora la faccia ribassata per trattenere il fondello, il foro rettificato del percussore, il nottolino elastico dell’espulsore e l’unghia di estrazione: ecco questa non è propriamente una meraviglia ricalcando l’impostazione di quella del nostro Mod. 91e poi delle Sako per cui non ha la presa positiva dell’unghiona di Mauser e nemmeno la struttura e il movimento ortogonale di quelle dette a ferro di cavallo, ma nonostante ciò funziona, non crea problemi ed è montata a fianco di un rango di alette con cui non interferisce. Una corretta realizzazione esalta anche particolari importanti con progetti non di vertice. Le forme della nocca e del tappo posteriore dell’otturatore sono peculiari, di bella raffinatezza e consentono di riconoscere il fucile immediatamente.
La canna mantiene una sezione adeguata alla carica da padroneggiare con rastremazione ben visibile dopo la camera di cartuccia e poi con un gradiente di ribasso molto attenuato: nella volata è praticato il freno di bocca Magna-Port, all’epoca una delle prime soluzioni ad apparire su un fucile da caccia, con la serie di fori appena visibile e che non interferisce con la linea generale. Sulla sua funzione potremmo discettare solo se avessimo provato un esemplare non dotato di tale accorgimento: sta di fatto che la sberla si fa sentire eccome, grazie anche al peso tutto sommato ridotto dell’arma. Per paragone nello stesso giorno abbiamo sparato molti colpi con una fiammante Sako Mod. 85 in .338 Lapua, dotata sempre di freno di bocca a fori radiali, ma di ben diversa impostazione, e dobbiamo dire che qui il rinculo è davvero minimizzato: cambiano le cariche e un poco il peso di palla 300 gr contro 250 gr), ma l’effetto è tanto diverso. Sono montate le mire metalliche che servono nelle caccie specifiche con tale calibro: ma l’adozione di una buona ottica variabile con valori tra 1x e 6x propone l’insieme anche per i grossi cervi europei: la tensione di traiettoria è straordinaria rispetto a diametro e peso di palla. Il serbatoio fisso da 3 cartucce, più una in canna, consente lo scarico aprendo il coperchio di fondo pivotante tramite un tasto incassato nella guardia: tutte le parti sono in acciaio.
L’esemplare visionato è stato costruito dalla Sauer & Sohn di Eckernförde e lo si nota dalla calciatura priva di orpelli troppo visibili e dalla brunitura delle parti metalliche, davvero eccellente insieme alla finitura meccanica: non era ancora in atto l’accordo che permetterà in seguito alla produttore tedesco di abbinare il suo nome a quello della Casa statunitense, per gli esemplari successivi destinati principalmente al mercato europeo: su questo appare unicamente la scritta Made in W.Germany. Nel mercato dell’usato questi esemplari sono naturalmente più apprezzati per accuratezza esecutiva, stile e rifiniture di quelli della Casa californiana. Simili fucili sono l’alternativa agli express di cui duplicano, almeno sulla carta, le prestazioni con un prezzo di acquisto vistosamente inferiore: la tecnica di ripetizione del colpo non è certo immediata come nei concorrenti avendo però 3-4 colpi a disposizione nel serbatoio: ciò non di meno vedere un cacciatore bel allenato che spara accortamente i due colpi dell’express, apre e ricarica con le due cartucce tenute fra le dita e doppia i colpi fa un bell’effetto. Insomma qui il problema rimane quello di andare in Africa: per l’armamento con questo Weatherby in .378 Weath Mag. si è già ben sistemati.
Scheda tecnica
Progetto: Weatherby® – South Gate – California (USA)
Costruttore: J.P. Sauer & Sohn GmbH – Eckernförde (D)
Importatore: Bignami spa, via Lahn 1, 39040 Ora (BZ) – tel. 0471/803000 – fax. 0471/810899 – www.bignami.it – [email protected]
Marca: Weatherby .378 Weath. Mag.
Tipo: fucile a canna rigata
Funzionamento: otturatore girevole scorrevole con ripetizione ordinaria
Chiusura: con nove alette anteriori su tre ranghi da tre ricavate a ribasso – mortise nell’anello del castello
Percussione: percussore con molla coassiale nell’otturatore attivata dal movimento del manubrio
Estrattore: a unghia elastica con movimento pivotante incassata nell’otturatore
Espulsore: nottolino elastico in testa all’otturatore
Canna: verif… in acciaio al carbonio con 6 rigature destrorse, passo 1:11”, ottenute per martellatura lunghezza 660 mm – freno di bocca Magna-Port
Scatto: diretto con grilletto unico
Sicura: tasto girevole a fianco del castello con due posizioni – blocca apertura, scatto, percussione
Caricatore: fisso in acciaio con coperchio di fondo pivotante da 3 cartucce
Mire: su zoccolo con tacca a U regolabile in elevazione e mirino a grano: entrambi regolabili in brandeggio sulla coulisse a coda di rondine – fori per attacco dell’ottica
Calciatura: in pezzo unico, legno di noce grado elevato – calciolo ammortizzante
Calibro: .378 Weath. Mag.
Materiali: acciaio trattato
Peso: 3.900 g circa