E’ molto probabile che questo vitigno derivi il suo nome dal termine latino albus (bianco, pallido), considerato da alcuni come riferito alla zona dei Colli Albani, ritenendo che sia quella la zona da cui i Romani trassero l’uva per coltivarla nelle terre vicine al fiume Rubicone. Questo vitigno, del resto, era conosciuto già dal tempo dell’antica Roma, tanto che ne scrivono Catone, Plinio il Vecchio, Plinio il Giovane e Varrone.
Alcuni studiosi accostano il nome Albana all’Elbling, vitigno un tempo molto diffuso nella valle del Reno, che sarebbe di origine italiana e sarebbe stato diffuso in Germania dai Romani nel corso del IV secolo d.C.. Pier de’ Crescenzi fu comunque il primo a descrivere ufficialmente, nel 1303, un vitigno coltivato in Romagna e denominato Albana. Dal 1600 iniziano ad apparire accanto al nome Albana alcune denominazioni specifiche, che avevano evidentemente lo scopo di identificare varietà diverse del vitigno. A partire dal XVII secolo e fino ai primi anni del ‘900 comparvero più di 30 denominazioni, alcune delle quali assolutamente fuorvianti.
Oggi i tipi di Albana più diffusi sono cinque: Albana della Bagarona (grappolo medio-grosso), della Compadrona (grappolo grande), della Gaiana (grappolo piccolo), della Serra o della Forcella (grappolo allungato), Albana Gentile di Bertinoro (grappolo grande): a quest’ultimo tipo fa riferimento la leggenda legata a Galla Placidia, figlia dell’Imperatore Teodosio, la quale, degustando il vino ricavato dall’Albana Gentile in un calice comune, avrebbe esclamato: “Non di così rozzo calice sei degno, o vino, ma di berti in oro”, dando così il nome al paese romagnolo.
Il vitigno trova la sua maggiore, se non esclusiva, diffusione in Emilia Romagna, con particolare riferimento alla fascia collinare del Ravennate e soprattutto del forlivese. E’ raccomandato nelle provincie di Modena, Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini e autorizzato in quella di Ferrara. E’ altresì presente, in misura molto limitata, nelle provincie di Pesaro, La Spezia e Pisa.
E’ stato iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Vite nel 1970 ed è entrato nel disciplinare della DOCG Albana di Romagna (prima DOCG italiana per un vino bianco) e delle DOC Romagna Albana Spumante, Colli Bolognesi Bianco e Reno Bianco.
Il grappolo è di taglia media, medio-grande o grande, solitamente piuttosto lungo, cilindrico o cilindrico-conico, semplice o alato e spargolo, mediamente spargolo o compatto a seconda del clone. L’acino è di media grandezza, sferoidale, con buccia pruinosa, spessa, mediamente consistente; il colore può variare dal giallo verdognolo al giallo dorato o ambrato. La vendemmia avviene di solito nella seconda metà di settembre.
Dall’Albana si ricava un vino in quattro versioni: Secco, Amabile, Dolce e Passito. Il Secco è un vino di colore dorato, piuttosto alcolico, corposo, non molto profumato, che tendenzialmente si beve giovane perché soggetto ad ossidazione. Le versioni amabili e dolci riprendono le caratteristiche di quella secca, naturalmente con una maggiore presenza di zuccheri residui.
Il prodotto solitamente più interessante è quello ricavato da uve passite: interessanti profumi di confettura e frutti canditi, gusto pieno, equilibrato e piacevolmente morbido. Di recente alcuni produttori hanno iniziato a vinificare l’Albana lasciando a macerare il mosto insieme alle bucce: i risultati paiono molto interessanti.