Sicuramente almeno una volta ci sarà capitato di sentir parlare di viticoltura eroica e probabilmente avremo immaginato i vignaioli in versione supereroi della Marvel. Effettivamente non siamo andati poi così lontano e vediamo il perché! Viene chiamata eroica quella viticoltura praticata su terreni particolarmente impervi, dove è impossibile l’utilizzo di macchinari per i lavori nei vigneti, e soggetta a condizioni estreme legate al clima, alla natura stessa dei terreni e all’altitudine a cui si trovano le vigne.
Un tipo di viticoltura difficoltosa e che richiede tanto sforzo, impegno e tenacia, ma che consente la produzione di vini davvero eccezionali dal punto di vista qualitativo. Il CERVIM (Centro di Ricerca, Studi, Salvaguardia, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura Montana) stabilisce quali sono i criteri necessari affinché la viticoltura possa essere definita eroica:
- una pendenza del terreno superiore al 30%;
- un’altitudine superiore ai 500 metri sopra il livello del mare;
- un sistema viticolo sviluppato su terrazze e gradoni;
- il posizionamento su piccole isole.
È sufficiente una di queste caratteristiche per poter avere la definizione di eroica. Nella nostra bella Penisola tanti sono gli esempi, da Nord a Sud. In Val di Cembra, in Trentino, i vigneti di Muller Thurgau si trovano su terreni le cui pendenze superano il 40% obbligando i viticoltori a compiere manualmente tutti i lavori in vigna. Lo stesso accade sulle colline del Prosecco dove viene coltivato il Glera. Anche in Valle d’Aosta ci sono condizioni climatiche e di altitudine tali per cui si può parlare di viticoltura eroica. Basta pensare ai vigneti di Morgex e La Salle situati a circa 1.200 mt di altezza su terrazzamenti costruiti su terreni scoscesi. Caratteristici sono i muri di pietra a secco alti 4 metri che proteggono le vigne dove quasi tutto il lavoro è svolto manualmente.
Un altro esempio è quello della Valtellina e delle sue vigne che raggiungono notevoli pendenze. Qui troviamo l’area terrazzata più estesa d’Italia con vigneti sorretti da numerosi muretti, che possono essere raggiunti dall’uomo soltanto a piedi con notevole difficoltà. In alcuni punti le pendenze diventano tali da rendere difficile la raccolta delle uve e costringere a trasportare le gerle contenenti l’uva attraverso piccoli elicotteri. Nel territorio impervio e a tratti selvaggio delle Cinque Terre l’uomo ha reso possibile la coltivazione della vite attraverso un’architettura fatta di muretti a secco, gradoni e terrazze sul mare, chiamate localmente “cian”. Anche qui le pendenze rendono difficile la raccolta dell’uva e il trasporto in cantina. Per ovviare a questo problema i viticoltori hanno costruito rotaie in metallo che collegano la cima alla base dei pendii.
Allo stesso modo nella Costiera Amalfitana i vigneti si trovano su piccole terrazze racchiuse da muri a secco (chiamati “macère”) strappate a fazzoletti di terra a picco sul mare, oppure in gole anguste. Ogni terrazzamento non è lungo più di 5 metri e, di solito, contiene 4 o 5 filari. Vigne dove ci si arriva soltanto a piedi attraverso strade molto ripide e dove la raccolta avviene manualmente attraverso una motocarriola cingolata. E, infine, chiudiamo questo excursus, che rappresenta anche un viaggio attraverso l’Italia, con le vigne lungo gli irti pendii dell’Etna e con quelle dell’isola di Pantelleria, dove le viti vengono allevate basse con la classica forma ad alberello in buche scavate nel terreno, per poterle riparare dai venti carichi di iodio che sferzano l’isola.
Da Nord a Sud la vite sa regalarci un patrimonio paesaggistico formato da scorci affascinanti che fanno da monumento alla caparbietà del lavoro dell’uomo.