La primavera si sa è la stagione degli amori, e ancora in alcuni Paesi europei è anche il momento propizio per effettuare alcuni selezionatissimi prelievi di selvatici particolari e di straordinaria bellezza come il gallo cedrone ed il gallo forcello. Per questo motivo ci siamo spinti fin nel cuore dell’Europa orientale, nelle immense pianure della Bielorussia per andare ad insidiare questi animali nelle arene di canto.
Prima tappa gallo cedrone
Era di notte, il suono della la sveglia entrando attraverso il timpano era giunto fin dentro il cervello come fosse una lama arroventata.
Erano le due in punto, la testa pesante per via dei troppi brindisi a base di vodka della sera prima, o per meglio dire soltanto di un paio di ore prima, consigliava di stare giù a letto, invece bisognava alzarsi; anche i miei compagni di caccia, immagino, stavano provando la stessa sensazione, però pian piano si incominciavano a sentire i primi rumori, segno che anche loro come me violentandosi si erano alzati in piedi. Fortunatamente Daniele aveva pensato proprio a tutto e, seppur in mezzo alla foresta bielorussa, la moka già gorgogliava ed il profumo di caffè era un vero sollievo. Due tazze abbondanti, la prima assolutamente amara per cercare di smorzare la sbornia, mentre la seconda, subito dopo essermi vestito, dolce e bollente per prepararmi alla giornata che ci aspettava. Alle due e mezza arrivarono puntuali i guardiacaccia che ci avrebbero accompagnato, Paolo sarebbe andato a caccia di forcelli mentre io andavo cercando il mio primo magnifico gallo cedrone. La burocrazia del Paese prevedeva la compilazione di tutta una serie di fogli e un po’ di firme da apporre, ma il capo caccia, severo e preciso durante il lavoro, quanto simpatico e amichevole durante le abbondanti bevute finita la caccia, aveva assolto tutti i compiti velocemente e mi aveva spiegato come si sarebbe svolta la caccia. Forse per via dei fumi dell’alcol ancora ben presenti, mi sembrava di aver capito che la fase finale dell’avvicinamento al gallo l’avrei dovuta fare mano nella mano con un omaccione russo che come nel gioco «un due tre stella» avrebbe dettato i tempi per muoverci e quelli per fermarci.
Ne avevo viste di tutti i colori a caccia, ma la prospettiva di andare passeggiando per foreste con un uomo mano nella mano non mi allettava troppo… ma in fondo quello che portava il fucile ero sempre io. Fuori faceva freddo, tenuto conto del clima quasi estivo lasciato soltanto il giorno prima a casa, la temperatura qui invece era prossima allo zero e per giunta piovigginava. Avevo portato con me un fucile calibro 12: nella riserva di Lagoisk, forse la migliore di tutta la Bielorussia per la caccia al cedrone, era vietato sparare con la carabina ai tetraonidi e da lì a poco avrei capito anche che sarebbe stato del tutto inutile. Avevo preso con me cinque cartucce caricate con piombo zero e ci eravamo avviati pieni di speranze e aspettative alla ricerca di questo mitico animale. Giunti sul posto di caccia mi sentivo veramente bene, l’adrenalina prodotta dalla caccia imminente e l’aria fresca avevano liberato la mia mente, adesso avevo voglia soltanto di andare a caccia. Procedevamo nella più totale oscurità, in silenzio e in fila indiana, in testa c’era l’accompagnatore poi di seguito il capo caccia e io. Ad un certo punto ci separammo, io rimasi con il capo caccia mentre l’accompagnatore che era il vero esperto si allontanò: l’obiettivo era quello di cercare di individuare il primo canto del gallo cedrone. Passarono soltanto una decina di minuti quando il nostro accompagnatore sbucò come dal nulla e mi fece cenno di seguirlo nel massimo silenzio. A quel punto eravamo soltanto io e lui. Dopo circa un centinaio di metri ci fermammo nuovamente ad ascoltare e dopo un paio di minuti lo senti … Toc toc toc , il ticchettio metallico che pian piano aumenta, poi uno schiocco secco simile al rumore che fa il cavatappi quando apri una bella bottiglia di vino rosso, e poi quello che i tedeschi chiamano «schleifen», un rumore simile ad una cote che affila la falce. Il gallo aveva cantato! Il guardiacaccia mi prese la mano sinistra, adesso sapevo che dovevamo iniziare l’avvicinamento vero e proprio. Più lontano sentii un altro gallo cantare, credo fosse l’antagonista del mio, la tensione stava salendo e adesso aspettavo il momento per iniziare a muovermi. Eccolo ancora! Alla terza strofa di «schleifen», la mano si strinse: era il segnale, facemmo due passi e poi fermi. Un due tre…stella e continuammo; così ogni volta che il gallo cantava. Toc toc toc… I miei muscoli si contraevano e poi quando era il momento due passi decisi senza paura di fare rumore: il gallo durante la terza strofa del suo canto è completamente sordo e dato che estende al massimo il collo verso l’alto di fatto è pure cieco. Ma guai a muovere soltanto un dito o fare il minino rumore quando non è nello «schleifen», andrebbe via come il vento.
La caccia in Bielorussia è stata facile..
Tutto l’avvicinamento durò una decina di minuti, era ancora buio ma si incominciava a percepire che il giorno era ormai prossimo. Il canto del gallo adesso era forte. Percepivo che ormai dovevamo essere veramente vicini all’animale, ma non osavo muovermi per guardarmi intorno: mi fidavo ciecamente del mio accompagnatore che aveva già dimostrato di essere un vero specialista. Ad un certo punto, mentre il gallo cantava la sua terza strofa, il guardiacaccia mi indicò un punto in cima ad un pino. Alzai la testa e rimasi fermo in quella posizione; c’era nuovamente silenzio adesso, ma poi lo vidi, o meglio credetti che una macchia più scura quasi in cima all’albero fosse il cedrone. Ne ebbi la certezza quando intonò nuovamente il canto, lo vidi muoversi, adesso aspettavo solo il canto e quando il suono iniziò, prendere il fucile imbracciare e sparare fu tutto un unico movimento. Venne giù di botto con tutto i suoi cinque chili e mezzo e adesso ha un posto di privilegio tra i miei migliori trofei e soprattutto nel mio cuore. Era da un po’ di tempo che mi frullava in testa l’idea di andare a caccia del gallo cedrone e del gallo forcello nelle arene di canto; poi, vuoi per una cosa vuoi per un’altra, l’occasione non era ancora capitata. La spinta decisiva giunse quando strane voci mi arrivarono all’orecchio: in Europa si stava discutendo di proibire la caccia agli animali in amore, quindi cervo al bramito, camoscio al «brunft», galli nelle arene di canto e così via. A parte il fatto che se accadesse una cosa del genere sarebbe un ulteriore colpo alla corretta gestione del territorio e delle specie selvatiche, è ormai arcinoto che la migliore selezione degli animali da prelevare si può effettuare soltanto durante il periodo degli amori, ma questo argomento sarebbe lungo da trattare adesso e ci porterebbe inevitabilmente fuori tema, quindi magari sarà oggetto di un articolo successivamente. Così a scanso di malaugurate sorprese e nell’intento di non perdermi una forma di caccia antica e affascinante mi sono deciso a chiamare un amico che ha un agenzia che in Bielorussia gestisce delle riserve eccezionali e tra queste forse la migliore per la caccia ai tetraonidi.
Quindi, messi a punto i dettagli, abbiamo deciso insieme di fare una sortita nel periodo migliore cioè: alla fine di aprile, quando sia il gallo cedrone che il forcello in quelle zone sono all’apice della stagione del canto. L’organizzazione è stata perfetta all’aeroporto di Minsk ci aspettavano i nostri accompagnatori con tutti i permessi per le armi già pronti e sbrigate le pratiche burocratiche, ci siamo messi in macchina per raggiungere la riserva di Lagoisk che dista circa settanta chilometri dalla capitale. La casa di caccia immersa nella foresta era calda ed accogliente e già la prima sera abbiamo avuto modo di incontrare i nostri accompagnatori che ci hanno illustrato quello che saremmo andati a fare poche ore dopo. La prima uscita di caccia era infatti prevista per le tre della mattina dopo. Paolo, che come al solito mi accompagnava delle mie avventure venatorie, si sarebbe inizialmente dedicato al gallo forcello mentre io sarei andato al gallo cedrone. Nei tre giorni previsti per la caccia siamo riusciti entrambi a raggiungere il nostro obiettivo: un cedrone e un forcello a testa, ma soprattutto abbiamo vissuto un esperienza venatoria davvero unica: insidiare questi magnifici animali nelle arene di canto è sorprendente; riuscire a vedere i forcelli che si combattono per stabilire la gerarchia negli accoppiamenti è straordinario mentre avvicinare il diffidentissimo cedrone è una caccia che almeno una volta nella vita dovrebbe essere provata. Per di più la Bielorussia è un paese veramente bello e pieno di natura selvaggia; con il vantaggio ulteriore che i costi sono ancora abbordabili e certamente anche questo aspetto non guasta. In conclusione un giusto plauso va al tour operator che ancora una volta si è dimostrato veramente all’altezza nell’organizzare viaggi venatori ed è riuscito nell’impresa, ma per essere sincero con lui ci ero già abituato, di far filare tutto per il verso giusto regalandoci un’esperienza unica. Quindi il mio consiglio, se siete appassionati di queste forme di caccia, è di organizzare al più presto un viaggio venatorio per cacciare il cedrone ed il forcello nelle arene di canto, magari in Bielorussia. In bocca al lupo a tutti.
Testo e foto di Federico Cusimano