Il consigliere regionale ha anche ricordato come in altri comuni italiani i mangimi di questo tipo abbiano risolto l’emergenza dei piccioni che rovinano monumenti e palazzi, mettendo a rischio le condizioni igienico-sanitarie, dunque anche con le nutrie potrebbe succedere lo stesso. Gli antifecondativi, inoltre, non sono cruenti e limitano la pressione demografica nelle colonie. Le nutrie sono praticamente fuori controllo in Veneto e sono state definite da Bassi una “mina vagante” a causa della loro abitudine a vivere nei corsi d’acqua e a scavare tane negli argini.
I piani di contenimento e le eradicazioni non hanno ottenuto i risultati sperati e in alcuni casi sono stati addirittura bloccati in attesa di una completa revisione: lo scorso mese di dicembre una norma del Collegato Ambientale alla Legge di Stabilità ha modificato le regole e le nutrie sono considerate parte integrante dell’articolo 19 della Legge sulla Caccia, quello che riguarda il controllo della fauna selvatica. I comuni italiani non possono più intervenire sulla loro gestione e i piani di abbattimento sono diventati una delle competenze della Regione: i piani, però, possono essere approntati soltanto dalle guardie venatorie che dipendono dalle province, una vera e propria confusione.
Si è ormai giunti al braccio di ferro tra amministrazioni comunali e ambientalisti. La Giunta ha fatto partire l’iter per adottare una delibera che è destinata a dettare regole da attuare subito per eradicare le nutrie: un contenimento di questo tipo, però, è circondato da mille incognite secondo Bassi, tenendo soprattutto conto dei costi non indifferenti per la manutenzione e la messa in sicurezza dal punto di vista idraulico. Il vicecapogruppo della Lista Tosi ha intenzione di sapere se il Veneto voglia attivarsi o meno presso gli enti di riferimento per la medicina veterinaria preventiva e adottare i mangimi di cui si sta parlando. Ora si attendono risposte e un piano che sia davvero condiviso da tutti.