In primo luogo in quanto per i cacciatori la salvaguardia del territorio è di interesse primario: la caccia si esercita in natura e non nei parcheggi, sul territorio non urbanizzato. E anzi un rudere ristrutturato significa l’introduzione per legge di una zona di oltre 3 ettari divieto di caccia attorno ad esso, oltre ad ulteriori divieti venatori. In secondo luogo in quanto con le modifiche proposte dai comuni nulla hanno a che vedere con la caccia: l’attività venatoria attorno al sito è e rimane limitata per una fascia di mille metri secondo le disposizioni del Piano Faunistico Provinciale di Bergamo, e nulla c’entra la disciplina edilizia e urbanistica di competenza comunale. Pur tuttavia riteniamo che i proprietari delle cascine abbiano il buon diritto di poterle ristrutturare, di poterle vivere e far vivere, e magari di poter portare le bestie al pascolo, di poter far legna nei loro boschi e di poter svolgere tutte quelle attività rurali che nei secoli hanno creato l’habitat tipico delle Prealpi bergamasche, che non era certo fatto di boscaglie impenetrabili ospitali solo per cinghiali.
Piuttosto deve far riflettere che i due Comuni pur essendo politicamente su posizioni opposte (Albino a guida Lega-Centro Destra, Pradalunga a guida Centrosinistra) si trovino sulla stessa posizione circa la necessità, nell’interesse della loro cittadinanza, di rivedere le prescrizioni dei propri PGT riducendo la fascia entro cui ogni attività privata e ogni autorizzazione comunale soggiace a Valutazione di Incidenza da parte dell’Ente Gestore del Sito. Pacifico poi che anche noi cacciatori vorremmo rivedere i vincoli che limitano la nostra attività in quelle aree, e soprattutto quelli che limitano i rinnovi delle autorizzazioni degli appostamenti fissi di caccia già esistenti (veri elementi caratteristici del paesaggio rurale lombardo e di grande rilevanza anche dal punto di vista della biodiversità), ed ovviamente ci impegneremo in tal senso avanti agli Enti competenti.