Tra l’altro, secondo quanto riportato dallo stesso portale valdostano, tutti i presidenti delle sezioni comunali coinvolte hanno rassegnato le loro dimissioni, un gesto eclatante e significativo della criticità del caso. In base a quanto spiegato dai rappresentati della Circoscrizione, l’Assessorato all’Agricoltura della Regione Autonoma della Valle d’Aosta non ha alcuna intenzione di applicare in modo corretto il piano faunistico che è in vigore in questa parte d’Italia.
Volendo essere ancora più precisi, questo piano prevede la suddivisione equa dei capi che possono essere prelevati in ambito venatorio a seconda dei comprensori alpini in cui è consentita la caccia: si tratta di comprensori di alta, media o bassa valle, mentre attualmente i cacciatori sono obbligati a rispettare i limiti delle circoscrizioni territoriali, molto più ristretti. La Quarta Circoscrizione ha poi citato come esempio chiarificatore quello della Circoscrizione 8: in essa sono ricompresi 48 cacciatori, i quali hanno a disposizione lo stesso numero di capi da abbattere che è riservato ai 200 in rivolta, nonostante una differenza notevole.
Questa è soltanto una delle disparità lamentate, ma non l’unica. In un passato non troppo lontano, infatti, il prelievo venatorio era libero in determinate zone con pochi animali e molti iscritti, anche se lo “sconfinamento” era ammesso, in particolare per quel che riguarda le circoscrizioni considerate più “ricche”. Le sezioni si sono progressivamente chiuse e attualmente la situazione fa storcere il naso a più di una persona a causa delle restrizioni imposte ai cacciatori esterni. La Regione deve valutare una proposta di modifica del regolamento che è nei programmi da diverso tempo e che include novità rilevanti: ad esempio, il prelievo venatorio potrebbe essere diversificato in base a elementi economici, per il momento la “rivolta” non sembra destinata a terminare.