Uno studio dell’Università americana del Wisconsin e della Swedish University of Agricultural Science ha messo in dubbio la teoria secondo cui la caccia legale aiuterebbe a ridurre il bracconaggio, in particolare l’uccisione di lupi e orsi. La ricerca è stata pubblicata sul giornale britannico della Royal Society of London B “Proceedings” e ha preso in esame i lupi dello stesso Wisconsin e del Michigan, due stati in cui gli animali sono stati posti sotto protezione federale in tempi differenti. I ricercatori si sono concentrati sugli effetti delle politiche che autorizzano l’uccisione oppure l’abbattimento selettivo dei lupi che sono sospettati di aver danneggiato proprietà o minacciato uomini e altri animali.
Secondo quanto riportato dallo studio, nel periodo in cui sono stati condotti gli esperimenti, i fenomeni di bracconaggio sono aumentati, facendo ipotizzare che la liberalizzazione della caccia potrebbe essere un messaggio negativo. Una conclusione del genere non potrà che generare controversie e dividere ulteriormente cacciatori e animalisti. Gli autori, inoltre, si sono detti certi che la questione sia stata colpevolmente sottovalutata finora. Per lo studio è stata esaminata una misura indiretta, vale a dire il tasso di crescita della popolazione di lupi, utile secondo i ricercatori a determinare gli effetti del bracconaggio.
Inoltre, è stato usato un modello matematico per stimare la probabilità che questo tasso di crescita sia cambiato in funzione delle politiche di abbattimento. C’è, però, chi non è d’accordo. Ad esempio, Daniel MacNulty – esperto di lupi e assistente universitario – ha sottolineato come i risultati dello studio siano dominati dall’incertezza, oltre che forzati: in aggiunta, sarebbero state totalmente ignorate le ricerche secondo cui la crescita della popolazione di lupi nel Wisconsin ha fatto registrare un rallentamento significativo negli ultimi anni.