I fatti risalgono al 2009, quando il cacciatore difese un setter inglese dall’aggressione di un pitbull, ucciso per garantire l’incolumità fisica dell’altro cane. I giudici del TAR hanno spiegato che non si può escludere l’uso dell’arma per difesa personale o, senza colpa, nell’esercizio dell’attività venatoria. Di conseguenza sono state accolte le censure di inadeguatezza della motivazione e la revoca del porto d’armi è stata annullata.
Divieto e revoca erano stati motivati con il maltrattamento e l’uccisione del pitbull, oltre che esplosioni pericolose. I giudici amministrativi hanno chiarito anche un altro punto: in effetti, sarebbe stato necessario dare un adeguato riscontro in merito all’impiego non corretto dell’arma (detenuta in maniera legittima) e coerentemente con un sistema di leggi che ne consente l’uso. Per il momento la licenza di caccia è salva.