L’allarme è molto serio e non deve essere sottovalutato. Alcuni cinghiali abbattuti in provincia di Vibo Valentia sono risultati positivi alla tubercolosi dopo gli esami dell’Azienda Sanitaria Provinciale. Non si tratta di un caso isolato per quel che riguarda la Calabria, visto che già nel Catanzarese era stato riscontrato tempo fa lo stesso problema, ora bisogna fare i conti con più di 40 carcasse infette.
La paura è che possa scoppiare un’epidemia nella zona tra Angitolano, le Serre e le Preserre. I consumatori di queste carni e i cacciatori sono dunque in allerta e in almeno tre casi la tubercolosi è stata rilevata nel territorio vibonese. I Comuni di Capistrano e San Nicola da Crissa hanno ordinato la distruzione dei cinghiali: vale la pena ricordare come la trasmissione della malattia dall’uomo all’animale avvenga tramite il contatto diretto oppure mangiando carne poco cotta.
Ovviamente sarà raccomandato più volte ai cittadini di non consumare carne non controllata per evitare problemi di salute. Sono mesi che il comitato spontaneo per il contenimento della specie sta chiedendo la risoluzione dei problemi legati all’eccessiva presenza dei selvatici, la speranza è che questa emergenza possa portare a interventi mirati e definitivi.
Da alcuni anni e, in particolare, in quello corrente numerose testate di informazione riportano notizie di casi “sospetti” di tubercolosi nelle carcasse di cinghiali abbattuti nelle provincie di Vibo, Reggio e Catanzaro.
Però, ad oggi, con tutto l’impegno non sono riuscito a reperire e visionare alcun risultato certificato da prove di laboratorio che confermi tale patologia accertata.
Non mi risulta che siano stati presi provvedimenti, certamente necessari, in merito all’attenzione sanitaria su altri animali non selvatici, in particolare bovini in quanto principale ospite delle infezioni da “Mycobacterium bovis e caprae”, destinati al consumo umano.
Necessari in quanto il cinghiale è un animale “sentinella” che ci avverte della presenza e diffusione di tale infezione in altri mammiferi.
Non troviamo alcuna minima nota del Dipartimento Tutela della Salute della Regione Calabria e non risulta alcun coinvolgimento dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale.
Mi pongo la domanda: come mai vista il conclamato allarme?
E’ da più di cinque lustri che l’opinione pubblica viene puntualmente “terrorizzata” con allarmismi inesistenti o meno deleteri del previsto (mucca pazza, aviaria, febbre suina, latte alla melanina, cinghiali contaminati da cesio, ecc.), in questo caso ci risiamo?
Di perplessità ne ho parecchie.