Un esercito di quasi 8mila i cacciatori aretini ha risposto presente alla riapertura della stagione venatoria. Un numero in calo rispetto al passato dovuto in gran parte agli effetti del Covid, che non ha solo portato via una fetta di popolazione, ma l’ha impoverita. Tanto da costringere molti a tagliare le spese rinunciando ad hobby e sport più costosi. Ma ci sono anche tanti giovani che ogni anno si sottopongono al difficile esame per ottenere la licenza di caccia, un quiz che spazia dalla zoologia al pronto soccorso, interroga su specie protette e normative. E che la nostra sia una terra storicamente di cacciatori lo dimostra il fatto che la Toscana è una delle regioni a densità più alta di appassionati. “In tempo pre Covid in Toscana c’erano 65mila cacciatori circa, adesso siamo sui 50mila”, spiega Sergio Fabianelli Vice presidente provinciale associazione migratoristi Anuu che raggruppa un po’ tutte le forme di caccia e che nata nel 1958 oggi ha confluito insieme a Federcaccia e Arci caccia nella Cct Toscana che rappresenta circa l’80 % dei cacciatori del territorio.
“In provincia i cacciatori anno scorso erano intorno a 8mila – continua Fabianelli – non è ancora terminata la consegna dei tesserini venatori ma prevediamo un calo del 10% anche superiore a quello dell’anno scorso. Il motivo più grande sta negli effetti del Covid, non solo in termini di vite ma anche economici. Molti gli abbandoni a causa delle difficoltà economiche malgrado la passione. Per chi inizia da zero tra fucile, permessi e cane in fondo alla stagione si possono spendere oltre 3mila euro. E nell’anno in cui molti hanno perso il lavoro, la caccia è diventata una spesa da tagliare”. E mentre il calendario venatorio toscano ha visto la riapertura generale il 19 settembre, ripartirà invece dal 1 novembre la caccia al cinghiale anticipata da qualche battuta a ottobre.
“L’età media dei cacciatori si è alzata molto– spiega Fabianelli – tra 45 e 55 anni, ma con una buona iniezione di giovani che ogni anno sostengono gli esami di licenza. Quiz severi su varie materie, si devono conoscere tutte le specie e gli animali protetti”. E mentre la consegna dei tesserini venatori resta aperta negli uffici comunali di via Tagliamento, non tutti vanno al bosco solo per sparare. Ci sono molti camminatori, appassionati che escono col cane, cercatori di funghi. Gli stessi che acquistano abbigliamento sportivo, mimetiche, stivali e che frequentano la montagna di casa. “E’ cambiato il modo di frequentare la natura, c’è un prelievo selettivo – spiega Fabianelli – ci sono tecniche scientifiche per sapere dove la selvaggina si riproduce, c’è una normativa comunitaria.
La provincia è una di quelle a maggiore densità di cacciatori anche per l’ottima gestione tenuta. E’ appena stato rieletto il comitato Atc e speriamo ridia nuova linfa anche in termini di zone di ripopolamento. Il 19 c’è stata l’apertura generale, dal 1 novembre quella al cinghiale che molti aspettano per la forte presenza degli animali anche tra le case e nelle strade. A ottobre ci sarà il passaggio della selvaggina migratoria. Tordi, colombacci, beccacce, che da noi trovano regole rigide e un prelievo controllato non come avviene in nord Africa dove questi animali vengono predati senza regole. Qui ci sono controlli rigidi, quando un cacciatore abbatte un animale deve segnalarlo in tempo reale pena multe salate, sospensione di licenza e porto d’armi. Il Covid ha impedito il ciclo naturale delle catture e il ripopolamento per specie stanziali come lepre e fagiano che scarseggiano” (La Nazione).