Il territorio attorno a Tortona, l’antica città romana anticamente chiamata Julia Derthona, è da sempre luogo di passaggio strategico tra pianura e mare: secoli di conflitti, commerci (la via del sale) e cultura sono passati attraverso il fiume Scrivia, il comprensorio dei colli tortonesi e le tre valli che portano il nome dei tre torrenti che le attraversano: Ossona, Grue e Curone. Sono 30 i comuni del comprensorio vinicolo di Tortona, sparsi tra colline e valli, territorio in parte ancora selvaggio rispetto alle vicine Langhe e Roero. L’ambiente è sostanzialmente tripartito tra frutteti (dopo l’epidemia fillossera di fine ‘800 si è puntato molto sulle pesche), vigne e boschi. La presenza umana è abbastanza limitata con un conseguente scarso impatto ambientale.
Il tortonese è un territorio di eccellenze non solo per il vino ma anche per molti prodotti artigianali ormai noti al grande pubblico degli appassionati, come il formaggio Montebore, i tartufi, la pesca di Volpedo, le fragole di Tortona o ilsalame nobile del Giarolo. I colli tortonesi godono enologicamente di una propria Doc. Il suo areale è collocato a sud-est di Tortona per una superficie a Doc di 1096 ha e un totale vitato di 1800 ha I vigneti sono collocati tendenzialmente sulle dorsali collinari, più soleggiate rispetto alle pendici più basse. I terreni sono di colore bruno-giallastro e di natura argillosa-calcarea, con alcune formazioni sabbiose e zone marnose e marnose- sabbiose. Tali terreni conferiscono grande sapidità ai vini. Il clima è caratterizzato da inverni freddi, precipitazioni distribuite durante tutto il corso dell’anno e significative escursioni termiche giorno/notte. La ventilazione, tanto importante per evitare la formazione di eccessiva umidità e muffe sui grappoli, è ottimale grazie ai venti marini provenienti dalla Liguria. Le vigne sono allevate con la tradizionale forma a controspalliera e potati con il sistema Guyot o con il cordone speronato basso.
In questa terra rigogliosa e prospera assurge ad assoluto protagonista il Timorasso, antico vitigno autoctono, esclusivo del tortonese. Vite rustica e molto vegetativa ha tuttavia una produttività scarsa e irregolare, dopo la fillossera venne sacrificata a favore del più prolifico Cortese e delle pesche. Ha un grappolo compatto molto sensibile alle muffe e per tanto la gestione in vigna risulta difficile e laboriosa. Fino agli anni ‘80 veniva venduto sfuso in Svizzera come Torbolino.
Il Timorasso da vini molto strutturati, con buona acidità, notevole sapidità ed elevata alcolicità, tutti elementi che possono conferire a questo vino grandi prospettive di invecchiamento, al punto che potremmo definirlo senza troppe remore come un vino bianco che si comporta come un vino rosso.
Caratteristica importante di questo grande vino bianco è la spiccata mineralità e il progressivo sviluppo di sentori terziari con l’evoluzione del vino in bottiglia. È ricco di norisoprenoidi ovvero profumi che si formano già nelle uve, ma che si esprimono nella loro completezza nei vini bianchi più evoluti. In particolare, sentori di idrocarburi e pietra focaia. Il Timorasso ha una produzione limitata: su 2.000 ha vitati nei colli tortonesi solo 120 ha sono a Timorasso.
Dalla vendemmia 2020 il vitigno Timorasso dovrebbe potersi fregiare (il Consorzio di Tutela Vini Colli Tortonesi sta aspettando l’autorizzazione del Ministero) di un nome nuovo e un nuovo disciplinare: Derthona ovvero l’antico nome romano di Tortona, così da legare indissolubilmente il vitigno e il vino al suo territorio.
Tra i molti produttori che hanno contribuito al recupero, all’ascesa e al successo di questo antico vitigno non possiamo non parlare di Walter Massa e della sua cantina di Monleale, il precursore della sua riscoperta. Personaggio vulcanico e instancabile, è solito dire sul recupero, rischioso in termini economici e di resa, del Timorasso e l’espianto del più produttivo e sicuro Cortese che «è inutile avere Claudia Schiffer in cucina a lavare i piatti, la metto all’accoglienza e mi rende di più». Per Massa la riscoperta del Timorasso è una sfida: «Volevo vedere se aveva ragione chi mi diceva che era il vino più buono del mondo o quelli che mi dicevano che era un’uva di M….». Nel 1988 capisce che per il Timorasso l’invecchiamento è fondamentale. Una scelta oggettivamente coraggiosa perché vuol dire non vendere subito il prodotto e attendere i frutti del tempo.
La regole del vino per Massa sono semplicissime e nette: Uva matura, buon senso e tempo. Illuminanti le definizioni che da Massa del suo Timorasso: «E’ un vino orgasmotico» e «Si scrivere Timorasso ma si legge TimoRosso». In conclusione, per Massa il Timorasso ha rappresentato e rappresenta per il futuro del tortonese una risorsa fondamentale per contribuire a risollevare economicamente questo territorio di antichissima tradizione. Terra che merita di essere riscoperta nella sua vasta e affascinante ricchezza.