Il fatto non costituisce reato. È questa la motivazione con cui quattro cacciatori piacentini sono stati ritenuti non colpevoli in merito a una vicenda che risale a tre anni fa esatti. Nel marzo del 2016, infatti, queste persone stavano partecipando a una battuta di caccia al cinghiale nel territorio comunale di Spinadesco, in provincia di Cremona. Secondo l’accusa, però, c’era un divieto di prelievo relativo a qualsiasi specie. Un guardia volontaria li scoprì in una zona di confine.
Da parte, proprio nel Cremonese, non si poteva cacciare, mentre nella parte piacentina era in vigore un piano di abbattimento degli ungulati. I quattro si trovavano fuori dalla provincia emiliana di 120 metri. La tabella con la delimitazione del confine era caduta e non era presente un’altra indicazione per capire meglio il territorio. Secondo la stessa guardia non c’erano stati spari e i cacciatori non avevano animali con loro. Inoltre, i fucili avevano i proiettili ma erano scarichi.
Le testimonianze avevano fatto intendere come i quattro non potessero accorgersi del confine superato, tra l’altro di poco. Un altro dettaglio è stato fondamentale per l’assoluzione di questi ultimi giorni. Alla Polizia Provinciale gli imputati mostrarono un documento della Provincia di Piacenza che spiegava con preciso gli abbattimenti autorizzati dei cinghiali. La situazione è apparsa dunque chiara da subito, anche se ci sono voluti ben tre anni per arrivare alla sentenza. Il porto d’armi verrà restituito a tutti e la motivazione del giudice sarà depositata entro 25 giorni.