Caccia al Cinghiale in Sardegna – Compagnie di caccia grossa deluse
Le battute si susseguono: i cani, i battitori, la posta in mezzo ai boschi. Ma sempre più spesso le compagnie di caccia grossa tornano a casa con il carniere vuoto. Niente cinghiali. Nel Sulcis non si era mai vista una stagione così magra, confermano i vecchi capo-caccia. Al punto che sta prendendo corpo l’ipotesi di sospendere la stagione venatoria (ma solo per la caccia al cinghiale) dopo appena sei giornate e quando ne mancano ancora dodici alla conclusione.
Per ora è un’ipotesi. Intanto la realtà è che i cinghiali sembrano scomparsi. Alla Forestale di Santadi confermano che sono stati pochissimi, fino ad ora, gli esemplari catturati nei boschi che ricoprono la foresta del Sulcis, nei territori di Siliqua, Santadi, Nuxis , Narcao e Giba. Pochi cinghiali vengono segnalati anche nell’oasi di Monte Arcosu, al riparo dalle doppiette. La causa? La penuria di selvaggina ha una matrice ben definita: la stagione-record dello scorso anno. Complice la siccità e la carenza di cibo (in particolare di ghiande) i cinghiali scesero in massa a valle e finirono dritti davanti alle doppiette dei cacciatori. La stagione si chiuse con un carniere-record, oltre duemila capi abbattuti. Le compagnie di caccia si scatenarono trascurando il fatto che in quel modo avrebbero finito con lo sterminare i cinghiali. Perché vennero catturate anche moltissime scrofe, quelle che avrebbero dovuto assicurare il ripopolamento delle montagne. Così la riproduzione dei cinghiali è stata ridottissima con il risultato che molte delle spedizioni di caccia grossa, quest’anno si trasformano in battute in bianco, dove non si spara neppure un colpo e al termine delle quali si scende a valle con il carniere desolatamente vuoto. Per evitare che il depauperamento continui gli esperti (e gli stessi cacciatori) non intravedono che una soluzione: ridurre drasticamente la stagione venatoria al cinghiale limitando le giornate di caccia se non sospendendola del tutto. Sono stati gli stessi cacciatori a sollecitare in intervento in quella direzione alla Forestale che sta raccogliendo le segnalazioni che arrivano dai capocaccia. Segnalazioni che sono state trasmesse alla Regione cui spetta una decisione (con il parere del Comitato regionale faunistico) un merito. Proteggendo i pochi capi rimasti ancora soprattutto nelle zone protette, infatti, si agevolerebbe il ripopolamento della selvaggina che popola le montagne del Basso Sulcis.
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