Strozzatori per fucili: Trascorso un lungo periodo in cui la strozzatura delle canne lisce era definita con la foratura della barra si è scoperto che un simile particolare tecnico poteva passare da fisso a mobile con tutta una serie di vantaggi nell’utilizzo del fucile.
di Emanuele Tabasso
Il primo brevetto per una strozzatura delle canne lisce risale al 1866 e, guarda caso, viene depositato in Inghilterra a nome dell’armaiolo W. R. Pape di Newcastle on Tyne. Sei anni più tardi, siamo nel 1872, un altro brevetto viene rilasciato negli Stati Uniti a R. M. Fairnburn per un diverso tipo di strozzatura, chiamato recess choke, in cui gli ultimi sei cm di canna venivano ristretti al valore prefissato per la volata. Tuttavia è solo nel 1874 che nasce quella che sarà la strozzatura efficace per padroneggiare le rosate: l’inventore, manco a dirlo, è stato W. W. Greener, vero genio del fucile a canna liscia, inventore di soluzioni e particolari meccanici di cui si gode ancora oggi. Su diversi documenti dell’epoca viene certificato come il nuovo sistema di forature delle canne, comprensivo del valore di strozzatura, consenta all’armaiolo di impostare con eccellente approssimazione i valori di rosata desiderati: un valido conoscitore e scrittore di cose armiere dell’epoca, G. T. Teasdale-Buckle riporta sul suo libro “Experts on Guns and Shooting” come in grazia di tale ritrovato le rosate fossero diventate le ancelle del fabbricante mentre in precedenza i fori sul bersaglio fossero la coda del diavolo della questione.
Restando nell’Inghilterra dell’epoca si nota come Pape si considerasse l’inventore di questa soluzione, ma non pose in atto mai nulla per contrastare l’evoluzione di Greener: probabilmente il suo metodo sperimentale non era adeguato a spremere dal concetto tutto quel che ne poteva scaturire, mentre il secondo dimostrò reiteratamente e con i fatti la fenomenale realtà di cui disponeva. I Trials erano in quegli anni dei formidabili banchi di prova cui partecipava la stragrande maggioranza dei costruttori e un numero altrettanto formidabile di appassionati, di cui molti dotati di conoscenze e tecnica adeguate per giudicare l’operato delle firme che avrebbero creato la storia del moderno fucile a canna liscia. Sono diverse le concezioni sviluppate nel corso di molti decenni per cui la sezione di foratura vede la camera di cartuccia, il raccordo con la sezione centrale, un primo restringimento verso la volata seguito da un’altra corta parte cilindrica e la chiusura finale. Questo per sommi capi precisando che negli anni recenti il borraggio sintetico e nuove polveri hanno indotto soluzioni nuove con diametro in asta (la parte centrale della canna) maggiore, al limite sovente delle norme per il calibro specifico, e coni di raccordo dotati di pendenze attenuate e lunghe per diminuire il colpo d’ariete, mantenendo un’accelerazione più costante della carica insieme alla maggiore stabilità del fucile. Insieme a queste scelte si sono affiancati gli strozzatori mobili adottati specialmente sui fucili da caccia o da Sporting mentre nei classici da pedana, Trap o Skeet, la strozzatura fissa è ancora quella maggiormente in uso. La funzione di questo ritrovato consiste principalmente nell’assiemare i pallini della colonna contenuta nella cartuccia, conferendo loro un asse di movimento leggermente a convergere verso il centro così da disporre di un insieme che, lasciata la guida obbligata delle pareti di canna, segua traiettorie divergenti fra loro in misura confacente al raggiungimento del fine che è poi la distribuzione dei pallini nella rosata a una determinata distanza. Ampia superficie coperta e densità regolare sono i prodromi della cattura del selvatico o della frantumazione del piattello: tali valori si generano con un accorto lavoro proprio sulla geometria delle strozzature.
Gli strozzatori mobili
Tralasciando una prova infruttuosa condotta da Roper ancora nel XIX secolo, è negli Anni 60 e 70 del XX che gli strozzatori mobili vedono un approccio sempre più scientifico e funzionale. Dapprima ci si focalizza sui semiautomatici, che proprio in quell’epoca spadroneggiano sul mercato, data anche la facilità con cui si possono montare su una canna unica, dotandola in tal modo di quel che le manca nei confronti dei due canne classici: un’alternativa al valore unico di chiusura, punto a favore di doppiette e sovrapposti. Certo non si può godere del vantaggio mentre si spara, ma almeno si monta preventivamente quel valore di cui si pensa d’aver maggiormente necessità: in valle la strozzatura massima sarà d’obbligo come quella cilindrica o appena modificata lo sarà in bosco alla beccaccia. Fra sistemi esterni e interni, quindi con modifiche alla lunghezza totale della canna e all’estetica, spunterà da Franchi anche lo strozzatore variabile, il Polychoke, da impostare manualmente prima della cerca del selvatico: sondare un terreno da lepri per poi passare a uno da quaglie non era più un problema perché con la sostituzione delle cartucce e uno spostamento della ghiera attorno al tubo di prolunga ci si metteva a posto. Era poi apparso ancora un apparecchio strano, se ben ricordiamo era chiamato Gugra-Matic, dove una serie di lamine d’acciaio interne veniva forzata a ruotare con il passaggio della rosata chiudendo sempre più il diametro di volata. Non abbiamo avuto modo di provarlo, ma sarebbe interessante confrontarlo oggi con gli ultimi ritrovati che spaziano, secondo i fabbricanti, su diverse soluzioni: pare oramai quasi assodato che il modello interno sia il più seguito e cha la sua lunghezza ottimale si posizioni negli 8 cm. Un nome per tutti lo possiamo segnalare: Briley costruisce strozzatori con spessore di parete ridotto, filettatura a passo corto, anello posteriore di tenuta ad espansione per impedire che i gas si insinuino proditoriamente fra l’esterno e l’interno della canna creando fastidiosi depositi. Vi sono tipi con prolunga esterna dotata di colori particolari per evidenziare a colpo d’occhio il valore di strozzatura insieme a una profonda zigrinatura per lo svitamento manuale, senz’altro più rapido di quello attuato con un’apposita chiave. La funzionalità si è mostrata apprezzabile finendo dagli originari semiautomatici, già visti dai puristi come macchine da sparo piuttosto che come fucili, ai sovrapposti e poi, orrore e disdoro, anche sulle doppiette: questo sempre a detta dei puristi che vedono nel due canna affiancate con acciarini a doppia stanghetta, calcio all’inglese e due grilletti l’ultimo baluardo dell’archibugeria. Non gli si può dar torto, ma l’evoluzione compie i suoi passi ed è inutile sottrarsi all’ineluttabile, specie quando ne scapita un po’ la forma avvalorandosi, per contro la sostanza.
Conclusioni
Ogni fabbricante oggi propone i suoi apparecchi o adotta quelli maggiormente in auge sul mercato cercando, sovente con successo, di soddisfare le giuste esigenze di una clientela che non ha più tanta voglia di acquistare molti fucili da impiegare nelle diverse forme di caccia cui riesce a dedicarsi: sovente il cambio di canna di un semiauto o proprio una serie di cinque strozzatori risolvono brillantemente i problemi con il vantaggio, oggi quanto mai apprezzabile, di contenere sensibilmente le spese. Sulla rosata in sé ci sarebbero da scrivere dei trattati senza per questo approdare a un qualcosa di matematicamente preciso: nella realizzazione delle canne rigate le soluzioni previste e prevedibili sono più a portata di mano se si dispone di macchinari, studi e persone di alto livello, nelle canne rigate una certa componente esoterica deve ancora albergare in quella settantina di centimetri percorsi da una carica di pallini. Non è un concetto scientifico, lo riconosciamo, ma coltivarlo in un angolino remoto della mente ci appaga e ci diverte molto.