Starne: Un tempo regine delle pianure coltivate, oggi le starne stanno lentamente scomparendo. Per mettere un freno alla situazione basterebbero censimenti attenti e piani di prelievo ben meditati. Ecco come si potrebbe fare.
Le starne stanno scomparendo, e questa non è una novità, eppure sembra che in pochi se ne rendano conto o siano interessati a quella che dovrebbe essere considerata una vera e propria catastrofe. La prima domanda che viene da porsi è perché? Facile. I motivi sono almeno tre. Desiderano ambienti sani nei quali vivere, e non sempre quelli che possiamo offrirgli lo sono. Sono piuttosto avvelenati dai pesticidi, da sostanze chimiche e dall’inquinamento che distruggono entomofauna, ossia la presenza di tutti quegli insetti che sono nutrimento fondamentale per la salvaguardia della specie. Le macchine e l’industrializzazione hanno stravolto il mondo dell’agricoltura così come lo conoscevamo una trentina di anni fa. Tutto deve essere a portata di macchina, tutto deve essere semplice da raggiungere e comodo da arare, innaffiare e tagliare. Non c’è più spazio per tutti quei luoghi che erano un tempo luogo di rifugio delle starne: filari d’alberi, siepi, boschetti che erano belli da vedersi ma anche fonte di legna per i contadini e di foraggio per gli animali.
L’aumento dei cacciatori, che dopo il boom economico post bellico sono aumentati sorprendentemente. A questa situazione drastica si è tentato di dare una svolta nella maniera più sbagliata che potesse venire in mente: con le campagne di ripopolamento. Si è cercato, per dirla facile, di aumentare il numero di galliformi in genere e starne nello specifico, importando esemplari dall’estero e immettendoli nel territorio italiano. In altri casi si è tentato il ripopolamento grazie ad esemplari provenienti da allevamenti, del tutto incapaci di vivere nel mondo naturale. Il risultato è stato drastico per almeno due motivi: la specie italica si è mescolata ad altre creando giovani starne inadatte alla sopravvivenza nei nostri territori, e le starne provenienti da allevamenti, totalmente prive di istinto anti predatorio sono state razziate in brevissimo tempo dai selvatici e dai cacciatori.
Galliformi come gli ungulati
La risposta per la conclusione definitiva del problema sarebbe in verità più semplice di quel che si crede: basterebbe ad esempio che i galliformi fossero trattati esattamente come si fa con gli ungulati a cui vengono garantiti piani di prelievo. Questi consentono di abbattere un numero tale di esemplari che non inciderà sull’intera popolazione, piuttosto ne avvantaggerà la sopravvivenza. Esattamente come accade per gli ungulati il punto di partenza dovrebbero essere i censimenti, propedeutici a qualsiasi successiva azione. I censimenti hanno infatti lo scopo di accertare l’eventuale presenza e consistenza di popolazioni sul territorio. I più efficaci nel caso delle starne e dei galliformi più in genere sono i censimenti al canto. Ecco come funzionano: si procede con l’uso di un registratore subito dopo l’alba; si lanciano i richiami acustici e si prende nota di tutte le eventuali risposte che si ricevono in cambio. Essendo la starna un animale stanziale, il calcolo dei canti in risposta al nostro richiamo ci darà un numero realistico degli esemplari presenti in zona. Lo step successivo si svolge con l’ausilio dei cani da ferma che devono battere l’intero territorio in modo tale che sia semplice stabilire la reale densità di animali in determinate location.
Tutto tornerebbe a favore della caccia, specie se si ragiona nel lungo termine: ad oggi infatti la starna è una specie cacciabile. Unico vincolo per i cacciatori è che ciascuno ne abbatta non più di cinque esemplari. Si tratta di un numero arbitrario visto che non si ha la minima idea di quante starne stiano nella zona di caccia. Per intenderci: senza censimenti annuali non si po’ davvero sapere se anche un ammanco di 10 esemplari sia realmente sostenibile per la popolazione di starne che lì risiedono.
Ipotesi di censimento
Come procedere? Semplice, tramite censimenti annuali, ripetuti in estate e alla fine della stagione venatoria. Solo in questo modo sarebbe possibile tenere sotto controllo la popolazione di starne presente in loco e stabilire, stagione dopo stagione, la quota abbattibile. In questo modo gli abbattimenti non porteranno all’eliminazione della popolazione con buona pace delle starne e dei cacciatori.