Una situazione affettiva conflittuale e perde la licenza di porto di fucile per uso caccia con conseguente divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi. Così ha deciso il Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso presentato dal ministero degli Interni contro la decisione del Tar di Trento. Che, lo scorso anno, aveva deciso (parzialmente) a favore del cacciatore e agente di commercio. Per i giudici amministrativi d’appello, però «l’amministrazione ha discrezionalmente, ma non irragionevolmente, valutato la concretezza e l’attualità del periculum che il titolare della licenza potesse verosimilmente utilizzare in modo improprio le armi di cui era in possesso, ai fini della tutela della pubblica incolumità».
Da qui la decisione di accogliere il ricorso e il porto d’armi sparisce di nuovo. La vicenda è molto articolata. Il protagonista è un trentino, agente di commercio e cacciatore. Che inizia la relazione con una donna di Bolzano. Una storia tranquilla fino a quando a lei iniziano a pesare le assenze di lui. Il lavoro, gli impegni, i chilometri che li separavano erano diventati elementi di dissapori e quindi si era arrivati alla chiusura della relazione. Tutto finito? No. Perché fra i due c’è stato un incontro chiarificatore che si sarebbe concluso con lui aggredito non solo verbalmente da lei.
E ancora, tutto finito? No. Poco dopo al trentino arriva, dal tribunale la notifica del deciso divieto di avvicinamento alla donna. Donna che lo aveva nel frattempo denunciato per stalking. Le indagini si sono concluse con l’archiviazione ma in mezzo era arrivata la decisione della questura di revoca del porto d’armi. L’uomo impugna la decisione e i giudici del Tar gli danno ragione. O meglio alla Questura arriva un invito a rivedere la posizione del cacciatore. Ma c’è il ricorso al Consiglio di Stato da parte del ministero degli Interni.
Nella sentenza si ricorda come il provvedimento della Questura fosse stato preso «in relazione alle “reiterate minacce e molestie” di cui l’interessato si sarebbe reso responsabile nei confronti dell’ex fidanzata, aspettandola davanti al posto di lavoro, a casa o nei pressi dell’abitazione della madre, inviandole numerosi messaggi telefonici e aggredendola fisicamente secondo la querela sporta dalla parte offesa». E il Consiglio di Stato “approva” il lavoro di verifica della Questura che ha portato alla revoca del porto d’armi evidenziando «al di là degli esiti penali e dell’asserita mancanza di ogni responsabilità, una situazione di grave conflittualità e contrasto idonea a legittimare il provvedimento» (Giornaletrentino.it).