Ricordi di caccia in Sardegna, nelle montagne seneghesi. Caccia al tordo in rientro, esperienze d’altri tempi.
Ho sempre preferito la caccia al rientro piuttosto che quella allo spollo. Non che le levatacce mi spaventino, ma ho trovato sempre più rilassante il primo pomeriggio, immerso nei monti della mia meravigliosa terra. Della Sardegna si conoscono le coste, il mare, si ha una vaga idea di cosa sia la macchia mediterranea, ma le sue foreste le conoscono in pochi, e nemmeno i sardi le frequentano poi tanto. La cosa non mi è mai dispiaciuta troppo. Ho a lungo avuto la possibilità di godermele tutte per me, in compagnia di qualche amico, e più spesso di un compagno a quattro zampe.
E’ da qualche anno che non vado più a caccia, il medico dice che non è più il caso che lo faccia, eppure la passione per la cattura, per la natura, la sfida con il selvatico mi è rimasta nel cuore, e la vivo di riflesso quando i miei nipoti rientrano a casa, odorano di quercia e mirto e lentischio e raccontano delle avventure vissute, e non si stancano mai di starmi ad ascoltare. Racconto loro molto volentieri della caccia ai tordi; credo che ognuno abbia una caccia preferita, nella quale ci si impegna anima e cuore. Ecco, per me si tratta della caccia ai tordi che amano vivere le montagne seneghesi esattamente come il sottoscritto.
Conoscevo alla perfezione le loro abitudini ed il tragitto che percorrevano. Di norma volavano fino agli ulivi di Zio Giovanni o di Zia Bastiana, poco distante dal verde del bosco, si cibavano e nel pomeriggio vi facevano ritorno. Ogni giorno gli stessi movimenti, e il conoscerli mi ha consentito di vivere giornate di caccia davvero ricche, pur sempre rispettose di quell’animale fiero, e diciamocela tutta, delle volte più intelligente di qualche uomo!
La furbizia sta nel non disturbarli fin dal primo giorno d’entrata, altrimenti cambiano giro, e chi li trova più? Era quello che pensavo io e molti cacciatori miei amici con i quali iniziavamo la caccia nel mezzo dell’autunno. Di norma ci si recava appunto in quei terreni che fanno da confine fra bosco e uliveti. Si saliva in macchina che veniva abbandonata lontana dal luogo. Camminavamo a lungo per trovare il punto giusto, che solo noi e qualche contadino conoscevamo. I viottoli che prendevamo erano profumati, colorati di arancio e di sole, di coltivazioni e di natura. La sorpresa dei paesaggi di Sardegna è che cambiano così di frequente da lasciarti a bocca aperta.
Ci fermavamo nei pressi di zone incolte, zone di confine, dove le sterpaglie ci aiutavano a confonderci con il dintorno. Era qui che organizzavamo le poste, e ve lo assicuro, erano ben meditate e ciascuno aveva la sua. La mia era tanto buona che se le condizioni lo consentivano, potevo tirare anche 15 – 20 tordi in una sola serata.
Arrivavamo sempre con qualche oretta di anticipo, ci si sistemava, si preparava l’attrezzatura, delle volte addirittura si spuntinava, ma soprattutto si attendeva di vedere all’orizzonte il rientro di qualche tordo. Delle volte scambiavamo anche qualche parola con i contadini di rientro. Ci conoscevamo tutti, e tutti ci si rispettava.
Le giornate migliori erano quelle nelle quali i tordi rientravano gradualmente dal pomeriggio sino a poco prima dell’imbrunire, allora sì che potevi portare a casa un bel carniere.
Lo ricordo ancora un pomeriggio del 1992. Eravamo arrivati molto in anticipo. Io mi presi la solita posta, dietro un rovo, i miei amici optarono per una posta in prossimità di un pianoro. Avevo una visuale a 360°. E’ come se vedessi ancora ora il paesaggio che avevo davanti.
Una bellissima vallata e qualche piccolo albero di mele inselvatichito piantato da chissà chi, che non ho mai amato come quella sera. Mentre vidi la volata dei tordi al rientro iniziai a richiamarli con il solito fischietto, per farli avvicinare, ma loro sorprendentemente erano attratti da quegli alberi mezzo secchi che distavano da meno non più di 25 metri. Abbassato, nascosto fra quei rovi per non farmi notare, non capivo bene cosa stesse succedendo, a tutta prima pensai che fossero evaporati. Mi tirai su e notai con grande sorpresa che non solo erano ancora li, ma erano posati su un albero sulla mia linea di tiro. Sparai e immediatamente seguirono anche gli spari dei miei amici chissà dove. Recuperai, mi guardai attorno e attesi. I tordi continuavano a seguire lo stesso itinerario e facevano capolinea su quell’albero rinsecchito. Decisi di cambiare tecnica, usando questa volta cartucce cal.20 caricate da me, inserite con calma rituale me mio fucile. Lo sparo fu preciso e davvero efficace. Risultato? Quel giorno in poche ore mi portai a casa ben 15 tordi. Peccato che qualcuno abbia poi deciso di abbatterli quei meli selvatici. Non ho mai scoperto cosa attraesse tanto i tordi, i passeri ed i merli che ci passavano accanto.
Che bei ricordi!