Sindacato Nazionale Cacciatori sul “gioco sporco” del Ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, riguardo all’intervento per chiudere anticipatamente la caccia ai turdidi ed alla beccaccia.
Del fatto che il Ministro dell’Ambiente abbia tentato di confondere il suo intervento ideologico sull’attività venatoria con procedure d’infrazione comunitaria contro l’Italia è cosa già detta e ridetta, e non starò qui a dilungarmi. Certo, un Ministro che fonda la sua azione di Governo sull’inganno degli amministrati cacciatori non merita la fiducia né dei cacciatori stessi, né degli ambientalisti intellettualmente onesti, né del Popolo italiano tutto, questo è certo. Ciò detto, cercherò di affrontare qui di seguito la questione sorta sull’anticipazione della chiusura della caccia alla Beccaccia e alle due specie di Turdidi sotto il profilo strettamente giuridico partendo dall’art. 120 della Costituzione. Recita l’art. 120, comma 2, della Carta che “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, …. nel caso di mancato rispetto di norme e Trattati internazionali o della normativa comunitaria … . Tale principio ha trovato attuazione attraverso l’art. 8, comma 4, della L. n. 131/2003, il quale recita che “Nei casi di assoluta urgenza, qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame“.
Prima di completare il quadro normativo di riferimento, è bene fare attenzione alle due parti sopra evidenziate. La prima, riguardante l’assoluta urgenza del provvedere, mette a nudo l’eccesso di potere del Governo, poiché è intervenuto, addirittura, prima che una procedura d’infrazione fosse stata formulata contro l’Italia; la seconda, cioè la richiesta di riesame, assume enorme importanza per il futuro nell’ipotesi in cui attraverso la ripetizione della stessa procedura i prossimi calendari venatori possano essere riscritti a Roma. Occorre, cioè, che gli Enti locali facciano sentire la propria voce (rectius: le proprie grida) in sede di “Conferenza Stato/Regioni” per chiedere il riesame della procedura adottata ai sensi del citato art 8, comma 4, L. n. 131/2003 e denunciare in tale sede, tra l’altro, l’eccesso di potere sopra segnalato.
Tornando adesso al quadro normativo di riferimento occorre richiamare l’art. 14, comma 15, della L. n. 157/1992 che riguarda la “pianificazione del territorio e la programmazione dell’attività venatoria”. Esso così recita: “In caso di inerzia delle regioni negli adempimenti di cui al presente articolo, il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro dell’ambiente, assegna ad esse il termine di novanta giorni per provvedere, decorso inutilmente il quale il Presidente del Consiglio dei ministri provvede in via sostitutiva, previa deliberazione del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell’agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro dell’ambiente”.
Così riassunto il quadro normativo di riferimento, non c’é chi non veda che l’art. 14, comma 15, della Legge quadro n. 157/1992 si pone quale “Lex specialis” rispetto all’art. 8, comma 4, L. n. 131/2003 che va, quindi, derogato. In altre parole, in materia faunistico venatoria è consentito allo Stato di sostituirsi alle Regioni, ma solo nell’ipotesi di inerzia di queste nella pianificazione e programmazione. Nessun potere sostitutivo la Legge quadro prevede in tema di calendari venatori.
E si capisce bene il perché. La redazione del Piano Faunistico Venatorio, la costituzione degli AA.TT.CC., il calcolo degli indici di densità venatoria, pretendono un comportamento “attivo” delle Regioni. Se queste rimangono inerti, solo lo Stato è in grado di intervenire assumendosi tutti gli oneri già in capo agli Enti locali.
Ben diversa è, invece, l’ipotesi che riguarda la legittimità dei calendari venatori. Qui non è assolutamente indispensabile un “facere” delle Regioni, e quindi non è necessario alcun (ECCEZIONALE) potere sostitutivo in capo allo Stato. Infatti, basta che qualunque soggetto interessato ricorra al G.A. per vedere immediatamente tutelato il suo interesse attraverso la sospensione del calendario nella parte ritenuta “contra legem”.
Per concludere, se la vogliamo mettere in termini calcistici, Galletti è intervenuto sul campo di gioco “a gamba tesa” e l’arbitro, Renzi, non si è accorto (o non se ne è voluto accorgere fate Voi) del fallo. Sta ora alla capacità organizzativa dei cacciatori porre le basi affinché tali falli non accadano più; sta sempre a loro trovare la forza per mettere “fuori gioco” chi intende giocare una “sporca” partita.
Dott. Giovanni Di Giunta
Sindacato Nazionale Cacciatori
( 26 gennaio 2015 )