All’inizio degli anni Settanta erano sull’orlo dell’estinzione, tanto che il Wwf lanciò una campagna nazionale di sensibilizzazione. Cinquant’anni dopo si può dire che la campagna è stata fortunata: oggi lungo tutto lo stivale si calcola una presenza di oltre 3.300 lupi, di cui due terzi nella dorsale appenninica e un terzo nell’arco alpino, dove la loro popolazione è cresciuta più rapidamente. La stima è dell’Ispra, l’Istituto nazionale per la prevenzione ambientale, che ha svolto il primo monitoraggio nazionale della specie. Un lavoro di squadra che ha coinvolto una vasta rete di esperti nella raccolta dei segni di presenza del lupo da Nord a Sud, spiega l’Ispra, che ha svolto il monitoraggio tra il 2020 e il 2021, su mandato del ministero della Transizione Ecologica.
«Se si calcola l’estensione delle aree di presenza del lupo (41.600 chilometri quadrati nelle regioni alpine e 108.500 chilometri quadrati nelle regioni peninsulari), si può affermare che la specie occupa la quasi totalità degli ambienti idonei nell’Italia peninsulare. Ovunque la popolazione di lupo è cresciuta, sulle alpi l’aumento più significativo». Trattandosi di stime, per ciascuno dei numeri relativi alla presenza va considerata una forchetta di errore: tra gli 822 e i 1.099 per le regioni alpine, tra 2.020 e 2.645 per le aree peninsulari, afferma l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Il monitoraggio è stato condotto suddividendo in celle di 10×10 chilometri il territorio nazionale e realizzando due analisi distinte per le Regioni-Province Autonome della zona Alpi e le Regioni dell’Italia peninsulare.
La presenza del lupo, fa sapere l’Ispra, «è stata documentata da 6.520 avvistamenti fotografici con fototrappola, 491 carcasse di ungulato predate, 1.310 tracce, 171 lupi morti, oltre che da 16.000 escrementi rinvenuti sul terreno. Sono state condotte 1.500 analisi genetiche che hanno permesso di identificare la specie. Complessivamente sono stati percorsi a piedi 85.000 chilometri per raccogliere i dati necessari all’indagine». Il monitoraggio ha impegnato una rete di oltre 3.000 persone, tra operatori volontari formati e personale dei Parchi nazionali e regionali, Regioni e Provincie autonome, università, musei, 5 associazioni nazionali (Aigae, Cai, Legambiente, Lipu, Wwf Italia), 37 associazioni locali, 504 reparti dei Comando Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari (Cufaa) dell’Arma dei Carabinieri.
La rete di operatori è stata coordinata nella regione alpina dal progetto Life WolfAlps Eu e nella regione dell’Italia peninsulare da 20 tecnici incaricati da Federparchi Europarc Italia (la Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali). «Un progetto innovativo di monitoraggio a scala nazionale e sotto il coordinamento dell’Ispra, che ha permesso di superare la disomogeneità dei monitoraggi finora realizzati, definendo protocolli standardizzati che potranno permettere in futuro di analizzare le dinamiche della popolazione – si legge nella nota dell’Istituto – I dati raccolti e la rete creata possono fornire un supporto a Enti locali e Parchi nazionali per una corretta conservazione del lupo e per mitigare i conflitti di questo predatore con le attività dell’uomo» (Sole 24 Ore).