Arte scomparsa quella degli abili tracciatori, veniva utilizzata per riempire carnieri e leggere i sussurri del bosco. Per riscoprirla è sufficiente passione e occhio attento.
Il bosco è sempre stato un libro aperto, per lo meno per tutti quelli che hanno saputo leggere. Se fino a qualche decennio fa questa era arte dei cacciatori e degli amanti della natura, che fra un cespuglio ed un leccio ci trascorrevano intere giornate, ad oggi la lettura delle tracce, è arte pressoché dimenticata. Peccato, perché potrebbe dimostrarsi particolarmente utile per gli amanti dell’attività venatoria, e per chiunque intenda passeggiare per i boschi, ascoltando e ripercorrendo il passaggio degli animali che li abitano. Insomma, sarebbe uno strumento per vivere più completamente e più coscientemente la natura che ci circonda.
Per quanto sia attività complessa, da assimilare con anni di esperienza, chiunque abbia voglia di imparare e sappia aguzzare l’occhio, potrà intravedere segnali che prima venivano ignorati.
Come già accennato altrove le tracce non si concretizzano esclusivamente con le orme degli animali di passaggio. A dirci della presenza del selvatico ci pensano ad esempio le tracce dei denti, i resti degli animali o delle uova, e soprattutto le fatte. Scopriamo qualcosina di più.
Le tracce di denti si leggono soprattutto sui tronchi teneri, rosicchiati alla ricerca di nutrimento, specie durante i mesi invernali. Il coniglio selvatico ad esempio preferisce i frutteti e le zone di rimboschimento dove gli alberi sono dotati di corteccia tenera. Le tracce lasciate partono dal basso e salgono anche di 60 cm da terra seguendo una linea retta. Stesso discorso si potrebbe fare per la lepre, che arriva però ad un massimo di 50 cm da terra, lasciando però dei segni più netti.
Rosicchiano anelli di tronco giovane ampio circa 20 cm i topi d’acqua, segnando l’albero d’impronte inconfondibili.
Anche i cervi durante i mesi invernali si divertono a rosicchiare la scorza di numerose piante soprattutto a causa della carenza di cibo. Di norma iniziano a strappare la corteccia dell’albero da un’altezza di circa 50 cm da terra, afferrando e tirando verso l’alto. Le strisce possono raggiungere anche il metro e mezzo. Possiamo addirittura scoprire se il cervo affamato fosse maschio o femmina. Nel primo caso il taglio sarà obliquo, infastidito dalle corna.
Il modus operandi del capriolo è simile a quello dei cervi solo che attacca la corteccia da 30 centimetri circa da terra.
A segnalarci la presenza nei dintorni di un rapace sono invece i resti animali. I piccoli uccellini in quel caso sono spiumati e ciò che resta è solo il becco o le zampe. Nel caso di uccelli di grossa taglia invece potrebbe restare lo scheletro intero, ripulito alla perfezione dalla carne.
La decapitazione della preda è compiuta il più delle volte dai corvidi o da piccoli roditori, mentre quando il cacciatore è un carnivoro mammifero, il gatto ad esempio, o la faina, gli uccelli sono spennati e sgozzati. In ogni caso anche volpi, cani e puzzole tendono sempre a decapitare la preda sfortunata.
Se invece ci troviamo davanti ad una preda che pare intatta, ma che in se non ha più una goccia di sangue non c’è dubbio sul passaggio di una donnola o di un ermellino. Nel caso in cui alla preda manchi uno o due occhi, ci troviamo davanti all’azione di una puzzola, mentre se la preda è parzialmente mangiata e sepolta, sicuramente si tratta di un predatore volpe o cane.
Anche le uova possono dirci qualcosa di più sull’animale che ha scoccato l’attacco. Quando ad esempio sono sfondate con un colpo preciso, ci troviamo davanti ad una cornacchia o ad un corvo, mentre la ghiandaia l’uovo lo rompe nel senso della lunghezza. Se invece il nido è stato trovato da un mammifero carnivoro quale la volpe, la faina o il cane, questi si allontaneranno con le uova in bocca che riusciranno a non rompere, esattamente come sono capaci di fare i topi. Le uova verranno poi nascoste nel proprio rifugio e consumate con calma.
Se il guscio è interamente frantumato è ovvio il passaggio di un riccio o di un tasso, mentre lo scoiattolo, perfezionista, rompe l’uovo in due parti uguali. Precisi anche l’ermellino e la donnola che bevono l’uovo tramite un piccolo foro laterale.
Riconoscere i segnali lasciati dal predatore è utile per il cacciatore che può scoprire qualcosa di più sul territorio di caccia e la sua popolazione. Una lettura attenta delle tracce può inoltre aiutare il proprietario terriero a difendersi da animali nocivi che aggrediscono e distruggono. In quel caso è sempre meglio sapere con chi si ha a che fare no?