CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA XIV LEGISLATURA
MOZIONE ARTIZZU, DIANA, CHERCHI, FLORIS R., DE FRANCISCI, LADU, BARDANZELLU, LAI R., MURGIONI, CONTU M., STOCHINO, GALLUS, PETRINI, PITTALIS, SANNA M., RODIN, SANNA P.T., LOCCI, GRECO, AMADU, TOCCO, ZEDDA, PITEA, RANDAZZO, PIRAS, RASSU, PERU, CAMPUS, SANJUST, MELONI F., DEDONI, VARGIU, MULA, FLORIS M. MULAS
sull’inserimento, da parte del Ministero dell’Ambiente, del cosiddetto “Parco nazionale del Gennargentu” nell’elenco delle Aree Protette Nazionali, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell’articolo 54 del Regolamento.
IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
PREMESSO CHE
il Ministro dell’Ambiente, con decreto Ministeriale del 27 aprile 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 maggio 2010 n. 125, ha disposto l’Approvazione dello schema aggiornato relativo al VI Elenco ufficiale delle aree protette, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 3, comma 4, lettera c), della legge 6 dicembre 1994, n. 394 e dall’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281
PREMESSO CHE
il Comitato per le aree naturali protette, di cui al citato art. 3 della richiamata legge 6 dicembre 1991, n. 394, e’ stato soppresso e le relative funzioni sono state trasferite alla Conferenza Stato-Regioni ai sensi dell’art. 7, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281
CONSIDERATO CHE
la Conferenza Stato-Regioni del 17 dicembre 2009 con repertorio atti n. 262/CSR, ha approvato il VI aggiornamento dell’Elenco ufficiale delle aree protette
CONSIDERATO CHE
il VI elenco aggiornato allegato al decreto richiama al n.21 il Parco nazionale del golfo di Orosei e del Gennargentu per complessivi 79.935 ettari
CONSIDERATO CHE
la legge 23 dicembre 2005, n. 266 recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006) all’art.1 comma 573 ha disposto: “La concreta applicazione delle misure disposte ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 14 maggio 1998, avviene previa intesa tra lo Stato e la regione Sardegna nella quale si determina anche la ripartizione, tra i comuni interessati, delle risorse finanziarie già stanziate sulla base dell’estensione delle aree soggette a vincolo. I comuni ricadenti nell’area individuata potranno aderire all’intesa e far parte dell’area parco attraverso apposita deliberazione dei propri consigli”
CONSIDERATO CHE
tale norma aveva sostanzialmente e formalmente reso inattiva l’istituzione del Parco del Gennargentu, la cui definizione e perimetrazione era sta decisa in dispregio della volontà delle comunità e istituzioni locali. La volontà del legislatore era chiaramente quella di affidare l’eventuale istituzione e attivazione del Parco alla volontà espressamente dichiarata sia dai consigli comunali interessati che dalla stessa Regione Autonoma della Sardegna
CONSIDERATO CHE
Contro l’istituzione di detto Parco vi fu una enorme mobilitazione popolare, culminata con la grande manifestazione tenutasi a Cagliari il 21 ottobre del 2005, durante la quale decine di migliaia di sardi, con in testa i Sindaci della Barbagia e dell’Ogliastra, espressero chiaramente una volonta’ popolare assolutamente contraria al Parco e ai vincoli che, in virtu’ della Legge 394/1991, sarebbero entrati in vigore in un territorio cosi’ vasto. E’ altresi’ da considerare che la legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), ha provveduto alla classificazione delle aree naturali protette e ha istituito l’elenco ufficiale delle aree naturali protette, nel quale vengono iscritte tutte le aree che rispondono a criteri stabiliti dalla deliberazione 21 dicembre 1993 del Comitato per le aree naturali protette, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 16 marzo 1994
la classificazione delle aree protette è stata integrata arbitrariamente con la deliberazione 2 dicembre 1996 del Comitato per le aree naturali protette, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 17 giugno 1997, che ha incluso nell’elenco, sottoponendole ai vincoli previsti dalla legge n. 394 del 1991, le seguenti tipologie:
a) zone di protezione speciale (ZPS) designate ai sensi della direttiva 79/409/CEE, costituite da territori idonei per estensione o localizzazione geografica alla conservazione delle specie di uccelli di cui all’allegato I della direttiva citata, concernente la conservazione degli uccelli selvatici;
b) zone speciali di conservazione (ZSC) designate dallo Stato, mediante un atto regolamentare, amministrativo o contrattuale, ai sensi della direttiva 92/43/CEE (cosiddetta “direttiva habitat”). Contengono zone terrestri o acquatiche che si distinguono grazie alle loro caratteristiche geografiche, abiotiche e biotiche, naturali o seminaturali (habitat naturali), e che contribuiscono in modo significativo a conservare, o a ripristinare, un tipo di habitat naturale o una specie della flora e della fauna selvatiche di cui alla direttiva 92/43/CEE.
L’inclusione arbitraria di tali zone nella classificazione delle aree protette ha generato di fatto un’illegittima applicazione a tali siti delle misure di salvaguardia e i divieti previsti dalla legge sulle aree protette; e poiché l’articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, di attuazione della direttiva habitat, riserva alle regioni l’adozione di specifiche misure, tale inclusione ha di fatto provocato un palese contrasto normativo sia nel quadro delle competenze istitutive che in quelle attuative. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, con il decreto ministeriale 25 marzo 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2005, ha correttamente proceduto all’annullamento della deliberazione 2 dicembre 1996, definendo nel contempo una specifica disciplina di tutela da applicare alle ZPS e alle ZSC.
Il decreto citato è stato impugnato. Il tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con le ordinanze n. 6854/2005, n. 6856/2005 e n. 6870/2005, accogliendo la richiesta dei ricorrenti, ha disposto la sospensione del provvedimento, che è stata confermata dal Consiglio di Stato con le proprie ordinanze del 14 febbraio 2006, n. 797, n. 798 e n. 799. La complessa situazione normativa venutasi a creare dopo la sospensione del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 25 marzo 2005 rende contrastanti gli obiettivi di tutela con quelli dello sviluppo sostenibile, provocando un conseguente blocco di tutte le attività economicamente sostenibili nelle aree oggetto di nuova classificazione; in particolar modo si evidenzia che l’adozione di nuove perimetrazioni costituisce l’estensione di nuovi vincoli legati alla conseguente applicazione della legge quadro sulle aree protette n. 394 del 1991; tale estensione adottata sul piano amministrativo costituisce di fatto una sostanziale modifica legislativa intervenuta con una deliberazione di un organismo che lo stesso Parlamento ha successivamente soppresso con il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Il venir meno dell’organismo che ha inizialmente adottato la nuova classificazione e l’intervenuta decisione di sospendere l’efficacia del provvedimento del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ha di fatto provocato un’insostenibile paralisi sia sul piano della fruizione del patrimonio ambientale che della chiara interpretazione della norma
CONSIDERATO CHE
A 19 anni dall’adozione della normativa quadro in tema di aree naturali protette si pone con forza l’esigenza di rivedere il concetto di fondo della tutela ambientale, e che quest’utlima non puo’ essere interpretata come una somma di vincoli anacronistici e gravosi per le popolazioni locali
CONSIDERATO CHE
Sottoporre un territorio ai vincoli della L 394/1991 significa, nella sostanza, privarlo di ogni attivita’ umana: agricoltura, allevamento, caccia, pesca, raccolta della legna e dei frutti, transito, utilizzo delle acque, attivita’ sportive. Le aziende agricole e zootecniche sarde, gia’ gravate da una crisi gravissima, dovrebbero misurarsi con nuovi vincoli e divieti, che renderebbero inevitabile l’abbandono delle campagne gia’ drammaticamente in atto. L’economia parallela presente in tutti i centri dell’interno della Sardegna sarebbe dunque a rischio di scomparsa in nome di regole di conservazione che non tengono in alcun conto le usanze e le tradizioni delle nostra popolazioni. Molti usi civici, sui quali si regge il sostentamento di numerose famiglie sarde, sarebbero cancellati.
E’ evidente che troppo spesso tali estremismi hanno profondamente minato il rapporto tra l’ambiente e l’uomo, rendendo quest’ultimo un soggetto estraneo alla vita stessa dell’ambiente, fino a provocare vere e proprie contrapposizioni sociali, mentre è indispensabile riproporre la necessità di perseguire una politica di tutela ambientale condivisa e partecipata, ispirata al concetto fondamentale che l’uomo è il protagonista del suo ambiente
IMPEGNA IL PRESIDENTE DELLA REGIONE
A proseguire nel cammino da lui stesso tempestivamente e opportunamente tracciato e annunciato all’indomani dell’inopinato provvedimento governativo, contro ogni tentativo di imporre alla Sardegna vincoli non voluti e non accettabili, ribadendo con forza in tutti i livelli istituzionali, nel nome dell’Autonomia Sarda e della dignita’ delle Istituzioni e del Popolo Sardo, la propria opposizione e sollevando, qualora questa vicenda non dovesse essere chiarita con un pronunciamento ufficiale del Governo, un conflitto di attribuzione nei confronti del Governo stesso.
Cagliari, 24.6.2010
– come ricevuto pubblicato –