La storia della Sako è certo nota a tutti gli appassionati e l’acronimo che dà il nome all’azienda in italiano significa officina di riparazione di armi e attrezzature della Guardia Civile: l’anno di avvio è il 1921 e di lì in avanti la nazione finnica ha sostenuto la cupidigia dell’ingombrante vicino d’oriente perfezionandosi in armi di precisione e nel loro impiego. Fortunatamente la ripresa di una certa normalità ben dopo la fine della II GM ha consentito di dedicare gran parte delle energie aziendali verso le armi sportive con il doppio intendimento delle competizioni e della caccia. Tecnologia, materiali, trattamenti devono assicurare precisione e robustezza anche in condizioni estreme insieme a una classe di disegno e di esecuzione ben al di là della media: le carabine della Sako soddisfano appieno queste esigenze. Quanto agli acciai vale la pena rammentare come solitamente si impieghino quelli svedesi derivati dal materiale estratto dalle miniere svedesi di Kiruna, considerato il migliore al mondo.
Intorno agli Anni 50/60 appare una serie di tre fucili rigati con movimento a otturatore girevole scorrevole con due alette in testa, cui se ne aggiunge una, limitata nel tempo e nei numeri, con movimento a leva. Già dall’epoca la Sako sceglie di produrre azioni proporzionate alle serie di calibri adottati dando loro anche un bel nome di fantasia. La raffinatezza di progetto, la cura della produzione e i materiali impiegati danno i loro frutti e l’espansione, soprattutto oltre Atlantico, ma ugualmente in Europa, consente produzioni di numeri elevati. Il modello L 46 camera il .22 Hornet e il .218 Bee mentre il successivo L 461 Vixen viene proposto agli inizi per le cartucce .222 Rem. e poco dopo per il .222 Rem. Mag. a cui si affiancheranno la .223 Rem. la .17 Rem. e la 6 PPC: abbiamo scovato un esemplare proprio in quest’ultimo calibro nato per le competizioni e usato con ampio successo anche nella caccia, qui da noi in particolare per il capriolo.
Il castello monolitico, a fondo piatto per maggiore stabilità, presenta l’anello anteriore internamente filettato per avvitarvi la canna e sotto a cui sporge il prisma integrale di scarico delle forze; il ponte posteriore chiuso mostra un disegno a due diametri elegante e funzionale cui si accordano i profili del manubrio e del tappo posteriore parzialmente zigrinati: nota caratteristica, elegante e antiriflesso. I due elementi apicali riportano superiormente delle basi a coda di rondine, facilitando il montaggio degli attacchi specifici Optilok®, e sono uniti da fianchi arrotondati con un’ampia finestra di espulsione sulla parte destra. Dalla parte sinistra del ponte sporge il blocchetto con tasto arrotondato per lo svincolo dell’otturatore a fondo corsa. Inferiormente è praticata la feritoia per il passaggio delle cartucce dal magazzino fisso: rimangono sezioni vive garanti di adeguata rigidità. Due grosse viti assicurano il fissaggio della meccanica al fusto in legno. Dell’otturatore a cilindro con due tenoni anteriori va notata innanzitutto la pregevole fattura in blocco unico con il manubrio, come negli storici Mauser K98: sembra richiamare a questo archetipo anche il prisma longitudinale collegato al cilindro da un anello elastico mediano, ma la funzione qui si limita a quella di guida nello scorrimento mentre l’estrattore fa a meno della poderosa unghia con la lunga lamina del capostipite tedesco affidandosi a un semplice gancio su base a prisma incassato a ore 10 nella testa dell’otturatore, spinto da un pistoncino con molla interna: il posizionamento non interferisce con la sezione resistente della contigua aletta mentre quella contrapposta è tagliata longitudinalmente per il passaggio dell’espulsore fisso, ricavato dal blocco di arresto dell’otturatore e registrato da una molla a piuma. Da ultimo la faccia ribassata supporta il fondello cartuccia e al centro si osserva il nitido foro del percussore. Sotto al tappo sporge una lamina dotata di punto rosso quale avviso di meccanica armata mentre sul fianco destro della calciatura è sistemato il tasto rigato della sicura a due posizioni: anche qui un segnale rosso indica la possibilità di azionare il grilletto.
Calciatura, magazzino fisso, scatto e mire
Il modello De Luxe in esame mostra una bella calciatura in noce dai vasi molto compatti, lavorata in favore di vena e con sezioni sostanziose senza mai divenire pesanti. L’imprimitura di fondo era all’epoca quasi un obbligo: qui fortunatamente non è troppo mortificante per colore e venature del legno. Si notano linee classiche in stile statunitense con calcio a guancia rilevata e stop Montecarlo, pistola arcuata e lunga per sistemare la mano di un ragazzo come quella di un boscaiolo, coccia riportata in legno più chiaro con incassato il profilo della testa di volpe, in analogia cromatica con il puntale dell’asta: questa vanta sezione prismatica rastremata e con spigoli arrotondati, consequenziale al fusto in cui viene inserito il magazzino fisso delle cartucce realizzato in robusta lamiera scatolata entro cui scorre la suola elevatrice in metallo, spinta dalla molla a W collegata al coperchio pivotante. Questo presenta la cerniera anteriore dissimulata nella base, una convessità e una lucidatura di fondo eseguiti con accuratezza e il pulsante di apertura posto in esterno, davanti al paragrilletto; in aggiunta si trova ancora il profilo stilizzato di una volpe a implementare l’estetica, mentre la tecnica vede ancora i pioli di aggancio della cinghia e l’elegante zigrino a scozzese eseguito manualmente. Lo scatto diretto, con peso regolabile solo smontando il pacchetto, si avvale di un grilletto con superficie di appoggio del dito rigata: sgancio intorno a 1 kg senza precorsa e con stacco nitido e ben avvertibile. Le mire fisse sono previste, ma tolte nell’esemplare a nostre mani dove è stato montato un affidabile Meopta Artemis 2000 7×50 con reticolo fine: forse non l’ideale per rosate strettissime a lunga distanza, ma eccellente al capriolo dove sovente si spara a metrature non eccessive, ma in condizioni di visibilità e tempistica di esecuzione assai limitate. Così quest’ottica dà il meglio con ampio campo visivo, elevata luminosità, assenza di parallasse, rapida messa in mira del selvatico. La riscoperta di tali doti può far dire che c’è un futuro nel nostro passato.
La cartuccia 6 PPC USA è una robina da niente vista con gli occhi di chi maneggia come minimo un .300 Win. Mag., ma opportunamente caricata ha tensione di traiettoria ampiamente bastante per le necessità sopra riportate, consente a chiunque una mira accurata senza star lì con la paura del rinculo, pressoché inesistente, e quando la palla giusta con peso intorno ai 70 – 85 gr arriva a destino cede compiutamente la sua energia dimostrando un valido potere di arresto senza far danni. Impiegare questi abbinamenti un po’ démodé di arma, cartuccia e ottica sta dando a cacciatori pieni di esperienza delle soddisfazioni che, virando in campo automobilistico, potremmo paragonare a quelle di una spider inglese Anni 60: chi ne ha guidate avrà contezza di quanto abbiamo nella mente.
Scheda tecnica
Costruttore: Sako Oy – Tikka, Sakonkuta 2, FIN-11100 Riihimäki, Finlandia – [email protected] – www.sako.fi
Distributore: azienda del gruppo Beretta che ne cura la distribuzione in Italia
Modello: L 461 Vixen
Tipo: carabina a otturatore girevole scorrevole a ripetizione ordinaria
Castello: anello anteriore e ponticello chiuso posteriore
Otturatore: a due alette in testa con chiusura nel castello
Canna: in acciaio speciale rotomartellata – profilo cilindro conico lunga 560 mm – montata flottante
Serbatoio: fisso da 3 cartucce in lamiera di acciaio imbutita, molla al silicio e suola elevatrice in lega leggera – coperchio pivotante in acciaio
Materiali: tutte le parti metalliche dell’arma sono in acciaio lavorato di fresa – alcune in lamiera tranciata
Calciatura: in noce scelto con zigrino manuale a scozzese
Congegno di scatto: diretto con grilletto singolo
Estrattore: a unghia e molla inserita nel corpo otturatore
Espulsore: a lamina fissa nel castello
Sicura: a tasto posto sul fianco destro del castello – blocca scatto, percussione e otturatore
Mire: fornite quelle metalliche aperte tolte dall’esemplare in visione – basi ricavate su anello e ponte per attacchi specifici Optilock®
Finiture: brunitura delle parti metalliche – lucida per il corpo otturatore – calciatura con verniciatura a olio mezzo lucido
Peso: 2.950 grammi circa senza ottica