Una vera emergenza» non esita a definirla così Maurizio Gubbiotti, il presidente di Roma Natura. I cinghiali, infatti, hanno raggiunto l’incredibile cifra di circa 12 mila nei parchi del Lazio, e, secondo i calcoli delle guardie faunistiche, sono oltre un migliaio a Roma. Al punto che le immagini di questi animali alla ricerca di cibo nelle strade della città, soprattutto nella zona nord, sono sempre più frequenti e quasi quotidiane. Ed è anche difficile contingentarli o allontanarli: con buona pace degli animalisti «i piani di contenimento sono comunque partiti» afferma il presidente di Roma Natura, «ma con grande difficoltà.
Per forza di cose abbiamo dovuto scegliere la strada della cattura degli animali con gabbie e recinti, ed il loro conferimento alle industrie di trasformazione della carne (diventando così prosciutti, salami o salsicce). Ma dal punto di vista del benessere animale è sempre meglio che conferirli a riserve faunistico venatorie, dove poi finirebbero cacciati o feriti dai cacciatori». I piani di contenimento sono iniziati nelle riserve di Decima e Marcigliana, dove è possibile agire con più sicurezza. Ma in un anno non sono più di trecento, massimo quattrocento, gli animali catturati e portati alle industrie alimentari. «Altri piani stanno partendo o sono partiti – aggiunge Gubbiotti – come nel parco dell’Insugherata a Roma nord, dove però incontriamo molte difficoltà.
Primo perché è una zona densamente costruita e popolata, quindi la collocazione delle reti o delle gabbie pone problemi; secondo, perché spesso le troviamo rotte, e ci siamo anche chiesti se siano gli animalisti». Eppure proprio qui, fra il parco di Monte Mario, dove bisogna stare attenti nel passeggiare per la facilità di incontrarli e la zona nord il problema è più sentito per l’alto numero di animali selvatici che banchettano intorno ai cassonetti. E se Gubbiotti non esita ad indicare il primo colpevole nelle politiche venatorie sbagliate dei decenni scorsi «che hanno estinto il “maremmano”, la specie autoctona più piccola e meno prolifica, sostituito per il ripopolamento, da questi, originari dei paesi dell’est, pesanti e corpulenti, con le femmine che vanno in calore due volte l’anno, e fanno 10-15 cinghialetti per volta. Così adesso il problema è molto serio».
Secondo l’esperto «mettono a rischio la biodiversità, provocano danni all’agricoltura, per centinaia di migliaia di euro e si spingono nei quartieri abitati». Nel Lazio arrivano dal nord della Toscana attraverso il corridoio di Veio, e «uno degli elementi più forti per allontanarli sarebbe se il Comune pulisse le strade e vuotasse i cassonetti – osserva Gubbiotti – perché l’unico vero motivo per cui gli animali selvatici escono dal loro habitat naturale è la ricerca di cibo