Non tutte le mode che giungono dagli Stati Uniti d’America sono da sposare acriticamente, ma nel campo della caccia ne è arrivata una che da diversi anni sta raccogliendo un sempre maggior numero di adepti. Parliamo della caccia alla stanziale, quindi con il cane da ferma, adoperando un fucile a due canne di piccolo calibro, quello che da noi era il riferimento di elezione per il capanno: la suddivisione cui si era abituati molti decenni fa si è andata restringendo e i riferimenti consolidati restano il 28/70 e il 36/76 o .410 Mag. L’intermedio calibro 32 così come il 36/63,5 è oramai appannaggio di pochi che lo mantengono in virtù di fucili posseduti da molto tempo, ma è assai raro che ne venga commissionato uno nell’odierna fabbricazione.
Ci si domanda perché cacciare selvaggina fino all’altro ieri insidiata con il calibro 12 o, per chi aveva già delle idee di raffinatezza, con il 20 per passare a misure così contenute: è cambiata per molti la mentalità e si apprezza nell’arte della caccia tutto il corollario di gesti e sensazioni cha stanno attorno allo sparo e all’eventuale cattura. Anche questa, che rimane la finalità ricercata, assume un sapore diverso se la si raggiunge anteponendole alcune limitazioni, quelle insite nell’impiego di un piccolo calibro. Sembra stucchevole dare dei numeri, ma pochi risultano espressivi confermando la teoria: parlando di medie e tralasciando i demimagnum, con il calibro 12/70 si sparano usualmente cartucce da 32-36 g di pallini, già con il 20/70 i classici 24-26 g sono messi in disparte e non è raro osservare i 28-32 g mentre nel 28/70 i 21-22 g sono la norma così come i 18-20 g lo sono per il .410 Mag. E’ noto come una stessa carica sparata da una canna di minor sezione consenta un distribuzione meno favorevole dell’impiego in una di sezione più ampia, ma proprio qui sta un elemento intrigante dei calibri minimi che ora metteremo in chiaro.
Come si spara
Dal momento che si prende a mano una squisita doppiettina come questa Rizzini BR 550 in calibro 28/70 la nostra esperienza agisce in modo inconscio, o quasi, sui nostri tempi di reazione: il cervello pone automaticamente una limitazione alla distanza di ingaggio attivando insieme una maggior attenzione e precisione nel puntamento, il tutto favorito dalla leggerezza dell’arma che va in mira con una rapidità inconsueta. Il diametro di rosata risulta ridotto e la foratura delle canne come la strozzatura vengono curate in modo da ottenere un infittimento al centro: il numero di pallini presenti nella carica è ovviamente minore rispetto ai calibri usuali, e aprire troppo a breve distanza comporta una perdita di lesività non appena il selvatico si allontani di qualche metro in più per il minor numero di piombi che possono colpirlo.
Concentrando maggiormente la rosata difficilmente si arriva a rovinare il selvatico, specie se delle dimensioni di una starna o, meglio, di un fagiano, mantenendo qualche metro in più di tiro utile, quel che serve alla cattura. Va da sé che il piazzamento della rosata, già di diametro ben più ristretto di quella di un 12 o anche solo di un 20, dev’essere giusto nella distanza e nella centratura: soddisfacendo questi due parametri ci si stupirà dell’efficacia di questo abbinamento fucile e cartuccia. Una sottigliezza tecnica cui abbiamo fatto ricorso sta nell’impiego, soprattutto in prima canna, di pallini di un numero superiore alla norma, un 7 anziché un 6 ad esempio, sfruttando la celerità con cui si riesce a far partire il colpo: si avrà un maggior numero di proiettili sul bersaglio e ancora dotati di una giusta energia cinetica.
La BR 550 di Rizzini
Realizzare oggi una doppietta gradevole nel disegno d’insieme come nei particolari a cui si abbini una quotazione invitante non è un facile mestiere: ma alla Rizzini questi traguardi sono usuali padroneggiando le macchine a controllo numerico a cui si abbina quel tocco di sapiente manualità degli specialisti. L’impianto è un classico box lock dove alcuni interventi conferiscono classe e distinzione alla bascula di foggia tradizionale ricavata da un massello di acciaio 18 NiCrMo5 lavorato con le tecniche di fresatura o elettroerosione, secondo le migliori opportunità: si osservano i due ispessimenti di rinforzo ai fianchi che si sviluppano in archi a tutto sesto e sottili cordoncini a rilievo che, visti in pianta, appaiono come integrati nel dorso evidenziandone la discreta convessità. Sempre nel dorso è incassato il coperchio inferiore che si prolunga nel ponticello da cui sporge il grilletto, qui singolo, ma con la possibilità di avere un tradizionale bigrillo. La guardia presenta un ovale ben disegnato e termina all’inizio dell’impugnatura con una breve codetta.
La linea di giunzione con la testa del calcio è un altro particolare elegante così come i seni semisferici sottolineati dai marcati incavi nella testa di bascula dove ha sede la chiave di apertura sotto a cui è posta la codetta superiore rastremata: all’apice sporge la slitta di sicura con il tasto del selettore di sparo. Passando all’osservazione dell’interno si nota il traversino appena ribassato rispetto alla tavola con le sedi dei due tenoni: il profilo posteriore è arretrato rispetto alla faccia così da migliorare il braccio di leva nella classica chiusura doppia Purdey. Nella parte anteriore si nota il perno e poi la cerniera con le regolari striature date dalla corretta frizione con il testacroce: da qui sporgono appena i puntoni di armamento delle batterie e, al centro, risulta ben evidente il blocchetto sagomato che regola la rotazione delle canne.
Il monobloc
La giunzione delle canne avviene con il monobloc di culatta da cui si ricavano, oltre alle sedi dei tubi, i semipiani con il passaggio interno dei gambi degli estrattori e l’incastro a cui si salda il complesso dei due tenoni: apprezzabile l’aggiustaggio delle superfici a contatto, segno di un lavoro molto ben eseguito a garanzia di una lunga vita operativa dell’arma. Nel testacroce dell’astina si osserva il meccanismo di eiezione dotato di martelli lunghi e stretti che lavorano con moto orizzontale: armamento e sgancio sono demandati alla rotazione delle canne e allo sparo.
Le canne
L’acciaio impiegato è il C42 e la cameratura per il 28/70 offre il vantaggio di tubi di sezione ristretta che danno al fucile, insieme alla bascula di misura specifica, quel garbo particolare delle miniature. Tiratura e giunzione sono eseguite a regola d’arte così come i triangoli di zeppatura in volata; si è scelta poi la bindella superiore liscia e concava, sempre in sintonia con la classe propria di una doppietta: anche il mirino sferico in ottone segue la classicità. La lunghezza nell’esemplare visionato è di 71 cm, ma sono contemplati i 67, 76, 81 cm così come gli strozzatori fissi, quelli in opera presentano valori di *** e *, possono venir soppiantati da quelli intercambiabili.
La calciatura e le finiture
Noce di grado 2,5 con tinta di fondo mielata, marcate fiammature brune e pori fitti e ben mineralizzati, segno di pianta matura, che conferiscono al fucile un tono di notevole bellezza: le linee vedono un’impugnatura a pistola molto allungata e con la coccia a vista e inclinata, nasello elevato e dorso lineare con sezione di conveniente spessore e ben arrotondato su cui il viso appoggia in maniera naturale. Il calciolo è in legno riportato. L’accurata politura delle superfici e la verniciatura a olio esaltano tutte le caratteristiche del pezzo e si ripropongono nell’asta anch’essa di linee e dimensioni di tradizionale eleganza.
Completa l’opera la zigrinatura a passo medio fine con cuspidi rilevate per offrire una presa sicura anche con mani bagnate senza mai arrivare a dar fastidio se la si serra con decisione. Su un fucile dove tecnica ed esecuzione concorrono a far raggiungere una classe elevata sta bene l’aggiunta di un’adeguata incisione: la Bottega di Cesare Giovanelli provvede in merito con le tecniche attuali e le immagini illustrano il lavoro meglio delle parole: troviamo sempre molto appropriato l’abbinamento dei campi incisi fra le superfici trattate ad argento vecchio e quelle in brunitura come il testacroce e, più ancora, il tondo della guardia. Non sono presenti le magliette portacinghia: non se ne sente la mancanza visto il peso di 2,6 kg, ma si possono sempre montare su richiesta.
Conclusioni
Non ci si stupisce se ultimamente il settore trainante delle canne lisce vede i piccoli calibri come il 28 e il .410 Mag. davanti a tutti: i fucili così predisposti conferiscono una sportività maggiore al gesto venatorio e inducono a migliorare le proprie prestazioni grazie anche alla leggerezza dell’arma. Il gioco vale appieno la spesa.