Il presidente ha garantito che il referendum di maggio, quello che deciderà o meno la fusione, non porterà novità negative per i cacciatori. Inoltre è stato citato un esempio virtuoso, quello di Ledro (sempre in provincia di Trento), nato sei anni fa dalla fusione di altre sei località e in cui sono state mantenute tutte le riserve di caccia. Il consigliere provinciale Nerio Giovanazzi ha invece sollevato un dubbio sulla legge venatoria, vale a dire la possibilità che un residente del futuro comune unico possa esercitare l’attività nel territorio di un’altra frazione.
Il problema esiste e per questo Giovanazzi ha presentato un testo normativo che potrebbe fare chiarezza sull’aspetto controverso. Tra gli interventi più interessanti c’è stato quello di un cacciatore con ben 62 anni di attività venatoria alle spalle, secondo cui dopo l’eventuale fusione bisognerà rispettare le riserve attuali. Alessandro Ceschi, direttore del Consorzio dei Comuni, ha ricordato senza troppi giri di parole che “sarebbe paradossale che una fusione amministrativa vada a incidere sull’equilibrio della caccia”. Il tema è molto caldo e incontri di questo tipo o legati alla fusione proseguiranno fino alla conclusione della campagna referendaria, il prossimo 18 maggio.