La Questura di Cosenza e il Ministero dell’Interno sono risultati soccombenti in un contenzioso amministrativo, prima al TAR della Calabria e successivamente al Consiglio di Stato, nei confronti di A.C., il quale aveva impugnato il decreto di rigetto dell’istanza di rinnovo del porto di fucile a uso caccia emesso dal Questore di Cosenza, che lo aveva motivato con la frequentazione, da parte dello stesso A.C., di un soggetto controindicato in quanto “gravato da pregiudizi di polizia”.
Si trattava nella fattispecie di un cittadino, precedentemente oggetto di denuncia per rissa e tuttavia in possesso di regolare porto di fucile a uso caccia, che evidentemente la medesima autorità di Polizia non aveva ritenuto necessario di revocargli o sospendergli, nemmeno nel corso delle indagini e accertamenti del caso. A.C., in possesso di licenza di caccia sin dai primi anni ’90, agente di Polizia in pensione e presidente di un circolo di cacciatori, ha pertanto deciso di impugnare il decreto di diniego presso il TAR della Calabria, per eccesso di potere per difetto di presupposti, illogicità della motivazione e difetto di istruttoria.
In sede cautelare, il TAR ha ritenuto di fissare celermente l’udienza di merito, ove si è costituito in giudizio anche il Ministero dell’Interno. Il TAR si è infine pronunciato, il 6 ottobre 2021, con sentenza di annullamento del decreto del Questore e di condanna del Ministero al pagamento delle spese di lite al ricorrente.
In buona sostanza, il TAR ha ritenuto che “l’apprezzamento discrezionale contenuto nel provvedimento del Questore non è esente dal dedotto vizio di eccesso di potere. Invero, in fase di ponderazione comparativa dei contrapposti interessi, la p.a. intimata ha omesso di valutare adeguatamente una serie di concomitanti elementi e cioè che: il ricorrente è un agente della Polizia di Stato in quiescenza, il quale ha detenuto l’arma di servizio senza ricevere rilievi nel corso dei suoi trentacinque anni di carriera; nella sua qualità di Presidente di un’associazione di cacciatori, l’esponente ha preteso che ciascun aderente fosse munito della licenza d’armi uso caccia – rilasciata al controindicato il (omissis) dalla Questura di Cosenza – la quale postula una prognosi di affidabilità basata sul giudizio operato dalla competente amministrazione; la frequentazione con (omissis) risulta limitata al solo episodio dell’1.09.2019, quindi occasionale e giustificata dall’inizio in quel giorno dell’attività venatoria, dall’appartenenza al medesimo circolo, nonché dalla circostanza che tale soggetto sia a sua volta titolare di licenza di porto di fucile per uso caccia.”
La sentenza veniva poi impugnata in appello al Consiglio di Stato dal Ministero dell’Interno, ove tuttavia la pronuncia del TAR veniva confermata con il rigetto del ricorso ministeriale e l’ulteriore condanna dell’amministrazione alla rifusione delle spese al ricorrente. Per i dettagli, vedere TAR Calabria, Sezione Prima, sentenza n. 01888 del 6.10.2021.