Maccherone, tu m’hai provocato e io me te magno. La celebre frase pronunciata da Alberto Sordi nel film “Un americano a Roma” calza a pennello per descrivere la ricetta di cui vogliamo parlarvi oggi, per l’appunto maccheroncini e cibreo di pernice, un’ottima occasione per tentare la gola e riscoprire una delle ricette fiorentine più antiche e apprezzate. Il cibreo ha una tradizione davvero lunghissima. Pellegrino Artusi, nel suo famoso la scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, ne fornisce questa ricetta: “Il cibreo è un intingolo semplice, ma delicato e gentile, opportuno alle signore di stomaco svogliato e ai convalescenti. Prendete fegatini (levando loro la vescichetta del fiele com’è indicato nel n. 110), creste e fagiuoli di pollo; le creste spellatele con acqua bollente, tagliatele in due o tre pezzi e i fegatini in due.
Mettete al fuoco, con burro in proporzione, prima le creste, poi i fegatini e per ultimo i fagiuoli e condite con sale e pepe, poi brodo se occorre per tirare queste cose a cottura. A tenore della quantità, ponete in un pentolino un rosso o due d’uova con un cucchiaino, o mezzo soltanto, di farina, agro di limone e brodo bollente frullando onde l’uovo non impazzisca. Versate questa salsa nelle rigaglie quando saranno cotte, fate bollire alquanto ed aggiungete altro brodo, se fa d’uopo, per renderla più sciolta, e servitelo. Per tre o quattro creste, altrettanti fegatini e sei o sette fagiuoli, porzione sufficiente a una sola persona, bastano un rosso d’uovo, mezzo cucchiaino di farina e mezzo limone”.
Passione antica
La particolarità sta tutta nella passione che nutriva Caterina de’ Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico, nei confronti di questo piatto. Ne era a dir poco ghiotta e dopo essere diventata regina di Francia nel 1533, portò a Firenze la ricetta. Da brava buongustaia, era anche un’ottima cuoca, peccato che questa sua passione le abbia addirittura fatto rischiare la vita. Si narra, infatti, che Caterina ingurgitò un quantitativo spropositato di cibreo nel giorno del suo trentesimo compleanno, rischiando di morire per indigestione.
Carne di pernice
La carne di pernice merita un breve approfondimento, visto che non se ne parla poi così spesso. Molto simile alla starna, questa specie si caratterizza per un colore molto vivace nelle zampe e per una macchia bianca sulla gola. Normalmente gli esemplari che si possono reperire in commercio provengono da allevamenti selezionati e per questo motivo non hanno bisogno di alcuna frollatura. Nel caso di cacciagione vera e propria, invece, la carne in questione richiede di essere follata dai 2 ai 4 giorni. Si tratta di selvaggina molto saporita e dal colore rosso vivo. La migliore resa è soprattutto quella che si ottiene quando si cuoce questa carne arrosto oppure allo spiedo. Per quel che riguarda le dosi, invece, ci si deve regolare in questo modo: è necessario calcolare una pernice di piccole dimensioni per ogni singolo commensale, mentre ne basta mezza per gli esemplari più grandi. La cottura non presenta grandi problemi, in questo caso si deve calcolare un tempo massimo di 20 minuti per ogni 250 grammi di peso.
Gli ingredienti
I maccheroncini e cibreo di pernice sono una prelibatezza che merita grande attenzione, visto che è in grado di conquistare anche il palato più esigente. Vediamo nel dettaglio quali sono gli ingredienti da sfruttare per ottenere un risultato da leccarsi i baffi:
- 240 grammi di maccheroncini
- 2 pernici
- scalogno
- carota
- sedano
- rosmarino
- salvia
- alloro
- bacche di ginepro
- chiodo di garofano
- olio
- aglio
- 4 pomodorini pizzutelli
- aceto balsamico
- sale
- pepe
Il procedimento è presto detto. I petti e le cosce della pernice vengono preparati normalmente, lasciando diversi ritagli, oltre al quinto quarto, come cuore e fegati. Tutti questi ingredienti devono essere battuti con cura al coltello, prima di ridurre ogni elemento in frammenti molto piccoli. Un passaggio importante consiste nel far imbiondire lo scalogna insieme alla carota, al sedano e poi alle varie erbe sminuzzate, dunque alloro, salvia e rosmarino. Con le bacche di ginepro ed il chiodo di garofano, inoltre, si ricava un profumo ancora più eccezionale. Con pochi pomodori pizzutelli, due gocce di aceto balsamico, acqua calda, sale e pepe, non si deve far altro che aggiungere i maccheroncini a crudo. La cottura deve avvenire a fiamma bassa, prima dell’aggiunta finale di olio a crudo.
Etimologia
Un discorso a parte deve essere fatto per il nome particolare dell’intingolo. Perché si dice proprio cibreo? L’etimologia della parola è stata a lungo dibattuta. Il primo a tentare una soluzione è stato Napoleone Caix, che ha ipotizzato una provenienza dal latino volgare *cirbarius derivato a sua volta da CIRBUS, rete intestinale. Giovanni Alessio ha proposto un più nobile (anche se non attestato) CIBUS REGIUS, cibo reale, ma la provenienza latina di questo termine è da escludere, dal momento che le sue prime attestazioni sono molto tarde, e quindi è da escludersi anche la proposta di far derivare la parola da *zingibereus (dal latino ZINGIBER, zenzero) avanzata da Angelico Prati e ripudiata dallo stesso qualche anno dopo.