Tanti federcacciatori hanno assistito alla trasmissione “Slow Tour Padano” andata in onda su Rete 4, dedicata al Parco del Ticino, affascinati dall’idea di veder promuovere in televisione un territorio che amano ed eccellenze agricole che conoscono bene. Non è stato piacevole tuttavia assistere all’ennesimo attacco gratuito e, come sempre, falso alla caccia.
L’affermazione fatta da un funzionario del Parco, interrogato sulla genesi dell’area protetta, secondo cui “sino al 1974 qui si cacciava; poi è arrivato il Parco, e il Parco ha abolito la caccia e sono arrivate le foreste” è faziosa e mendace. Mendace perché si farebbe bene a ricordare che fu proprio la presenza delle numerose riserve di caccia a mantenere e preservare la maggior parte delle foreste lungo l’asse del Ticino su cui il Parco è stato poi realizzato.
Riserve di caccia senza le quali probabilmente non sarebbe rimasto nulla da proteggere visto che si dovrebbe ricordare che quasi tutte le foreste nel territorio metropolitano di Milano, come molte delle altre aree oggi protette, devono la loro esistenza alla caccia, dal Bosco di Cusago, ultime vestigia delle riserve di caccia degli Sforza prima e dei nobili milanesi poi, ai boschi di Vanzago e Riazzolo. Anziché perdere tempo ad aggredire ad ogni occasione il mondo venatorio, sarebbe buona cosa che il Parco si interrogasse sull’efficacia delle proprie politiche faunistiche, visto che non ci pare che sul cinghiale, per fare un esempio, in questi anni abbiano ottenuto dei risultati apprezzabili (Federcaccia Milano e Monza-Brianza).
Sarei curioso di sapere quanto ci costa a noi lombardi il Parco del Ticino,visto che NON mi sembra stando alla cronaca,che questi anni abbia tenuto una gestione occulata?