Dopo diversi lavori per aggiornarne la funzionalità l’amico Carlo ha rimesso in funzione il suo campo di tiro rigorosamente privato sito all’inizio della Valle Stura di Demonte: per festeggiare ha invitato un manipolo di fidi appassionati delle canne rigate ponendo però una regola per accedere alla linea di tiro. In un luogo dove i calibri da 6, 7 e 8 mm la fanno solitamente da padroni si è passati a considerare quelli dai 9,3 mm o.375” in su: quelle cartucce che nell’Africa del XX secolo hanno dipanato storie sublimi di arte venatoria, di coraggio, di rischio, di vita e di morte come si usa fra uomini veri. Noi ci siamo molto limitati in tale ambito prendendo a bersaglio i tondini rossi o le conosciute sagome del cinghiale corrente. Sono state impostate due varianti nella competizione: da un lato il tiro a 100 m con ottica sparando in appoggio tre colpi, nell’altro il tiro a 35 metri, braccio sciolto senza appoggi di sorta, sempre tre colpi per le carabine e due coppiole per gli express. Il caldo, presente anche nella località posta circa a 700 m di quota slm, consigliava una polo o una camiciola mentre i calibri impiegati hanno fatto scoprire un inserto, da porre in un apposito gilet, come antirinculo. Eccellente la funzionalità anche se con cartucce molto potenti il marchingegno tendeva a far scivolare in esterno il calciolo. Siamo scesi in lizza con passione disponendo di un poker di carabine che, purtroppo, tacciono a lungo prima di venir nuovamente impiegate anche solo sui cartoncini di poligono. Altri fucili ci sono stati passati dagli amici e fra questi un paio di express di notevole caratura. Un’elegante Mannlicher Schönauer Mod. 1910 scomponibile camerata per il 9,5×57 Mann. Sch (indicato anche come 9,5×56) era sovente nelle mani dei coloni d’Africa e veniva utilizzata per animali non pericolosi o per procurare la carne al gruppo familiare. Il calibro progettato dall’azienda austriaca non è infatti molto prestante rispetto ad altri di analoga caratura, e questo rende il fucile estremamente garbato: non scalcia, non strepita, non compie gesti strani… insomma si spara in tutta tranquillità anche se la palla da 270 grs fa il suo effetto.
Passando a un progetto fortemente innovativo di una cinquantina d’anni addietro mettiamo sull’appoggio sul bancone una Mauser Europa 66 con canna Africa, camerata per la rabbiosa 9,3×64 Brenneke, con diversi cariche d’epoca a disposizione: della RWS ci sono le Teil Mantel da 18,8 g e le TUG da 19,0 g mentre della DWM delle Vollmantel Rundkopf, camiciate a punta tonda, da 19 g. ma alla fine optiamo per le ricariche del Maestro con palla Spitzer da 250 grs. della Speer. La botta di questa cartuccia si fa sentire, non per nulla i dati balistici sono di un po’ superiori a quelli caratteristici della mitica .375 H. & H. e la forma del bossolo, specie dell’angolo di spalla, induce un rinculo molto deciso. Subito dopo prendiamo in mano un fucile camerato proprio per questa cartuccia definita a ragione la Regina dell’Africa: una Steyr Mannlicher Mod. S Safari predisposta appunto per la .375 H. & H. Ponendo questa realizzazione a fianco della Mannlicher Schönauer Mod. 1910 appaiono nitide due epoche e due prodotti molto ben distinti della Casa di Steyr. Va detto che il nuovo, progettato alla fine degli Anni 60, non ha certo il fascino del predecessore apparso ai primi del Novecento e affiancato ancora per pochi anni al successore: tuttavia la funzionalità della seconda generazione non lascia adito a dubbi. Il fattore preminente è rappresentato dall’eccellente equilibrio d’insieme per cui si spara con facilità raggiungendo prestazioni di tutto rispetto, grazie anche all’allestimento non proprio da savana del pacchetto di scatto. Questo modello infatti era proposto con scatto diretto a grilletto unico o con stecher a due grilletti: abbiamo avuto modo di provare entrambi, ma quello di cui oggi parliamo ha il sistema europeo che facilita notevolmente il raggiungimento dei risultati nei tiri molto lunghi o per restringere la rosata in poligono. Molto buono il raggruppamento ottenuto dalle ricariche con palla Sierra Game King da 300 grs, superbo quello con le RWS con palla Kegel Spitz da 19,4 g (300 grs).
Arriviamo alla modernità più spinta con una Weatherby in .378 Weath. Mag. e notiamo come sia l’unica arma dotata di una parvenza di freno di bocca a fori radiali, il Magna-Port che sicuramente funziona per spandere in giro rumore e pressione, ma garantiamo che lascia alla spalla del tiratore tutte le sensazioni per richiamare alla mente il tiro al bufalo cafro o altri selvatici pericolosi. Il progetto dell’otturatore a nove alette aveva fatto epoca al momento della sua apparizione lasciando nei concorrenti lo stimolo a passare dalle classiche due alette del Mauser K98 alle sei ad esempio della Steyr Mannlicher sopra citata o almeno alle tre che molti, Sako per citare una nobilissima firma, hanno adottato con soddisfazione. La carica originale indica, se ben rammentiamo, 119 grs di polvere molto progressiva come la Norma MRP: qui le ricariche portano 115 grs con quella leggera, snobistica diminuzione per non apparire aggressivi e protervi. Ciò non di meno le reazioni brillano per incisività e la precisione si mantiene sul livello classico di eccellenza: davvero interessante. La palla è una Soft Point da 270 grs.
Caliamo un poco di tono, inteso come rinculo, non certo di fascino, con tre fucili della Zbrojovka Brno costruiti ancora nei primi Anni 60. Il primo di questi camera la .375 H. & H. e le sensazioni si ripropongono un po’ più decise che nella Steyr per la massa dell’arma più contenuta. Il secondo adotta la 9,3×62, onesta e valida cartuccia del progettista berlinese Otto Bock che si pone un passo dietro alla 9,3×64 di Brenneke sia come prestazioni, che come rinculo qui decisamente meno punitivo, e che da noi ha conosciuto una nuova e recente diffusione in particolare nei semiautomatici rigati per la caccia al cinghiale. Il terzo impiega una cartuccia assai diffusa per la sua reperibilità e per il basso costo: la .458 Win. Mag. è criticata per lavorare a pressioni molto elevate e con rendimenti non sempre all’altezza delle aspettative, ma è camerata da tutti i produttori di fucili da caccia grossa e, per la verità, offre solitamente una precisione notevole. Ancora in tema di 9,3 mm, la misura classica adottata dai tedeschi per le loro cartucce di sostanza, ecco apparire un magnifico sovrapposto FN Browning B25 con le due canne rigate a cui Concari di Lecco aveva ritoccato la convergenza in base ai desideri del proprietario per tiri anche a medio lunga distanza: la vecchia cartuccia a collarino denominata 9,3x74R conserva i tratti caratteristici dell’epoca con bossolo lungo e angolo di spalla poco pronunciato così da sviluppare pressioni non elevate, adatte ai fucili basculanti.
Dopo l’esame e la prova del Bockdoppelbüchse si conclude la rassegna con due classici express a canne affiancate: uno, realizzato negli Anni 70 dai Casartelli di Concesio Costorio (BS), presenta gli acciarini con doppia stanghetta di sicurezza, montati su piastre laterali, doppia Purdey ai tenoni, terza conica su prolungamento della bindella e quarta ricavata nella terza con tassello a incastro. Il calibro, uno dei più usati in Africa per questa tipologia di fucili, è il .470 Nitro, un’autorità in materia con eccellenti prestazioni balistiche, potere di arresto e, fattore da non trascurare specie in altre epoche, un’ottima reperibilità. Sempre dello stesso fabbricante si mostra degno di apprezzamento un fucile con meccanica derivata da un Mauser DWM proposto nel .375 H. & H. che nella giornata è apparso come il calibro più gettonato. Le prove eseguite da uno dei tiratori presenti hanno evidenziato raggruppamenti di tre colpi a 100 metri nel classico trifoglio.
Per finire in gloria ecco l’express dei Concari di Lecco, un risolutore di chiarissima fama allestito con bascula monolitica, perno di rotazione delle canne compreso; le batterie sono delle classiche Anson & Deeley di incrollabile robustezza e apprezzabile finezza di scatto, cosa non facile a raggiungersi con tale impianto, ma si sa che da Concari il difficile è subito pronto e l’impossibile non esiste. Sparare due colpi del .500 N/3” e poi subito altri due è un’esperienza appagante: nell’intermezzo, aprendo e richiudendo il fucile, se ne apprezza l’imbasculatura davvero da manuale e prima di premere i grilletti si ricontrolla di non avere posto la mano destra troppo alta sull’impugnatura per non ricevere l’articolazione del pollice sul naso e ancora di aver chiuso la chiostra dei denti senza frapporvi la lingua. Poi il resto è fantastico: l’impostazione e l’equilibrio delle masse scaricano in giusta maniera il rinculo che definire vivace è limitativo. Ci si sente spinti da una forza poderosa e decisa, ma ancora sufficientemente progressiva, padroneggiabile con qualche reiterata lezione pratica: nei dati forniti dal Barnes per cariche appropriate si superano gli 800 kgm di energia, 100 in più del citato .470 Nitro. Lasciato il campo di tiro ci si è radunati attorno a un tavolo all’Osteria delle Ortensie nel vicino paese di Gaiola dove un raffinatissimo pranzo indetto da Mario Cerri e orchestrato da uno chef in vena di stupire ha fatto da corollario ai tanti discorsi incentrati, ma guarda un po’, sui fucili, sui calibri, sulla caccia, su un altro argomento sempre ricorrente e che ora ci sfugge… e sulla montagna che, con buona pace dell’Africa, è qui vicina e praticata da tutti gli astanti.