Prima l’incertezza, ora l’ufficialità: in Abruzzo si potrà cacciare il colombaccio per altri sette giorni, nello specifico fino a mercoledì 10 febbraio 2016. Dell’argomento si è discusso parecchio nelle ultime ore e il Wwf aveva fatto conoscere le proprie perplessità quando la proroga era ancora una ipotesi. Secondo l’associazione, infatti, molti cacciatori in buona fede svolgeranno la loro attività in una situazione di piena illegalità, senza dimenticare l’assenza di vigilanza ambientale nel territorio regionale. Come spiegato da Dino Pepe, assessore regionale alla caccia, all’Eco dell’Alto Molise e dell’Alto Vastese, la giunta ha votato ieri in favore della proroga, dunque il prelievo venatorio sarà possibile in tre province abruzzesi, Teramo, Chieti e Pescara.
Che cosa succederà ora? La caccia al colombaccio sarà quella consueta, cioè con appostamenti temporanei, il fucile ben custodito e scarico nel fodero e senza alcun aiuto da parte del cane. Ora bisognerà capire la data di effettiva entrata in vigore della proroga. L’attesa del voto è stata motivata con un ritardo nella presentazione della richiesta, ma ora il condizionale non è più d’obbligo. Il Wwf teme seriamente che oltre al colombaccio vengano cacciate altre specie.
Gran parte degli Ambiti Territoriali di Caccia abruzzesi e le varie associazioni venatorie hanno commentato negativamente il comportamento della stessa Regione in occasione della modifica del calendario della caccia, in particolare per quel che riguarda la beccaccia, ora c’è questa delibera che potrebbe allentare le tensioni. Tra l’altro, la situazione attuale è la stessa che si è presentata esattamente un anno fa. All’inizio del 2015, infatti, la giunta approvò una delibera identica per prorogare la caccia al colombaccio fino all’8 febbraio (due giorni in meno rispetto a quanto stabilito oggi).
Le richieste di altri giorni di prelievo venatorio sono giunte dalle amministrazioni provinciali di Teramo, Chieti e Pescara, dopo aver acquisito il parere dell’ISPRA (Istituto Superiore di Protezione e Ricerca Ambientale). L’anno scorso l’Istituto stabilì anche che la caccia non deve arrecare alcun tipo di disturbo agli uccelli acquatici, al Falco Pellegrino e al Falco Lanario: gli appostamenti temporanei non vanno collocati a meno di 500 metri dalle zone umide e dalle pareti rocciose (oppure quelle parzialmente tali). In aggiunta, la caccia non può essere praticata all’interno delle aree SIC (Siti di Importanza Comunitaria) in cui sono presenti i due falchi ricordati sopra. Si tratta di disposizioni di 365 giorni fa che non possono non essere applicate anche a questi ultimi sette giorni di prelievo (in attesa di ulteriori chiarimenti).