La Sezione Ter del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio si è occupata del ricorso presentato da un uomo che chiedeva l’annullamento del provvedimento del Ministero dell’Interno che gli aveva revocato il porto d’armi. Questa persona era titolare della licenza dal 1996 e fino al 2010 ha lavorato come guardia giurata venatoria. Non ha mai avuto precedenti penali e otto anni fa ha interrotto il rapporto di lavoro con la propria azienda.
Il licenziamento è avvenuto a causa di una condotta ritenuta di estrema gravità, oltre che lesiva nei confronti di una donna. Secondo il ricorrente questo disagio sarebbe stato la causa di un suo racconto, visto che avrebbe parlato di un atto di autoerotismo compiuto in uno spogliatoio femminile. In realtà il racconto sarebbe falso e rivelato ai superiori solamente per ottenere un trasferimento in altra sede. Il ricorso è stato però giudicato infondato dai giudici amministrativi.
La revoca del porto d’armi si può basare anche su semplici indizi e sul possibile pericolo per la sicurezza pubblica in relazione all’arma posseduta. La sentenza è piuttosto particolare e ovviamente diventerà un precedente importante a cui fare riferimento nella valutazione di casi simili. La decisione del TAR è definitiva e prevede la compensazione delle spese.