Il cinghiale dei sogni: Ormai non si sa più dove la realtà si mescola con i sogni quando un gruppo di amici parlano di questo fantomatico cinghiale, che ormai da troppi anni riempiva le serate a far parlare di se.
Da anni aveva lasciato il forteto maremmano, per una vita di solitaria esistenza, lungo fossi, macchiozzi, sponde di laghi e canneti, ma senza mai riuscire a farsi trovare nonostante l’assidua ricerca, per poi sparire facendo presupporre che fosse morto e riapparire sistematicamente quando ormai nessuno ci credeva più. Le sue enormi orme quasi fosse un vitello erano stampate nella mente di chi per anni gli dava la caccia. “E’ tornato, è sempre lui, non è morto nemmeno questa volta”, erano frasi che si erano sentite ripetere centinaia di volte per poi finire in fantomatiche ricerche senza esito, lasciando supporre che si stava cercando un fantasma ispirato dalla fantasia di questi cacciatori. “Ma vedrai che quest’anno muore, non gli può andare sempre bene”. Ieri ha ferito un setter in un fosso, oggi era al bordo di un laghetto, ma poi è svanito nel nulla come sempre, ma anche i sogni finiscono e una mattina di dicembre Marco mentre stava cacciando fagiani mi chiama dicendomi ” la mia setter ha trovato un cinghiale enorme al bordo di un divieto, dentro un fosso, non può essere andato lontano” Un giro di telefonate e la caccia ha inizio.
I segugi, sciolti dove era stato avvistato, impiegano pochissimo a trovarlo, perché invece di svanire nel nulla come aveva sempre fatto questa volta è tornato a poca distanza da dove era stato trovato, dentro un canneto sicuro che con un cane da ferma non sarebbe mai uscito. Ma stavolta i conti erano sbagliati e una lotta furibonda ha inizio fra rovi e canne, il piccolo canneto viene accerchiato e ora per il verro diventa difficile, il bosco è troppo lontano e il terreno arato rende ardua la fuga, l’unica salvezza è disfarsi dei segugi, ma Fabrizio un canaio poco esperto ma tenace si butta nella mischia in soccorso dei cani feriti, il verro non demorde e impavido si scaglia anche contro di lui ferendolo gravemente, ma ora deve uscire allo scoperto.
Sul bordo si ferma, si guarda intorno, ripensa alle sue scorribande in quelle zone dove per anni è stato il Re incontrastato e alla stregua di un leader non tenta la fuga. In bocca sente ancora il sapore del sangue umano e vuol vender cara la sua pelle, mi guarda, allarga le orecchie apre la bocca in senso di sfida mostrando le sue enormi zanne bianche, so che sta per caricare perché trent’anni trascorsi tra i cinghiali mi rendono consapevole di quello che sta per accadere, forse ha voluto sfidare proprio me per misurare la sua forza.
Carica, io resto immobile, lo lascio avvicinare e solo negli ultimi tre metri alzo il fucile e premo il grilletto. Un’altra leggenda è finita a poca distanza dove cento anni fa sempre in un giorno di dicembre moriva Domenico Tiburzi il mitico brigante maremmano. Ma chissà se ora mi sveglio e sarà solo un sogno!
Giampiero Bernacchi