Caccia alle anatre, una passione che non conosce confini: Riccardo racconta le sue esperienze passando da Roma fino al Montana e all’Alaska.
Ci si innamora della caccia alle anatre mai per caso, ma per una predisposizione genetica. A me il colpo di fulmine mi ha letteralmente folgorato durante una vacanza in casa di un carissimo amico di scuola. Allora ero ancora all’università e pur di fuggire dai libri si faceva davvero di tutto. Alberto mi portò in quello che oggi è diventato un meraviglioso parco naturale a Fogliano, poco a sud di Roma, con suo padre che mi iniziò a quella forma di caccia che in pochi conoscono: in botte o dal cestino come amava chiamarla lui. Il capanno era detto cestino in quanto composto da frasche posizionate con cura su una piattaforma di legno. Il tutto veniva lasciato sull’acqua e lo si poteva raggiungere esclusivamente con una piccola imbarcazione. Potete immaginare il mio disagio quando mi chiesero di montare su quel barchino: io vivo in montagna e l’acqua navigabile la vedo di rado.
Metti che il mio senso d’equilibrio era precario, metti che il buio era pesto e che il barchino andava con una velocità inaspettata, fatto è che ricordo ancora quel momento con grande emozione. Il capanno era ben nascosto, ma il padre di Alberto conosceva quella laguna come le sue tasche: ci lasciò sul capanno e si dedicò alla disposizione di un centinaio di stampi e richiami vivi. Veloce era veloce quell’uomo, forse preso da una frenesia che riusciva a celare alla grande. La selvaggina non si fece attendere e per quanto quello non fosse il mio habitat, riuscii a portare a casa qualche soddisfazione, ma mi beccai quella brutta malattia che è la passione incontrollabile per la caccia alle anatre.
Per inseguirla sono arrivato ovunque, persino negli Stati Uniti. A quei tempi nel Montana davvero in pochi si dedicavano a questo genere di caccia, ma io in quel paese lontano per motivi di lavoro, non riuscii proprio a resistere.
Devo dirtelo, la caccia lì era decisamente più semplice: era sufficiente avvicinarsi ad uno dei tanti laghetti naturali presenti nella zona e non era nemmeno necessario far chissà che per nascondersi. Ricordo di mattine intere passate a contare germani, codoni, alzavole, canapiglie: certo le cose non devono essere più così nemmeno nel Montana, per lo meno da quel che mi dicono gli amici della zona, ma nel ricordo gli Stati Uniti resteranno per me il sogno di ciascun cacciatore.
Le anatre intravedendomi naturalmente scattavano e sorvolavano la mia figura con una velocità sorprendente. Imparare l’arte della pazienza è stato fondamentale: se avessi sparato in quel momento non sarebbero più tornate per almeno qualche giorno e le avrei trasformate in creature più che sospettose. Era molto meglio trovare un piccolo angolo nascosto, costruendolo se necessario e aspettare: non mi hanno mai fatto attendere più di una ventina di minuti.
Tornavano un po’ per volta e in quel momento il mio istinto di cacciatore si risvegliava: quelli erano senza ombra di dubbio i momenti più frenetici dell’intera giornata di caccia. In quei momenti non ti devi far prendere dall’entusiasmo: va bene l’eccitazione, siamo cacciatori ma pur sempre umani, eppure devi tenere i piedi per terra. Il carniere legale non doveva superare i 7 esemplari, e se tutto andava bene, in una mezzoretta riuscivo a portare a casa un bel bottino. I primi tempi non mi facevo accompagnare nemmeno dal cane per il riporto: il più del lavoro lo facevano le correnti, e le anatre che proprio non riuscivo a recuperare personalmente, venivano portate a casa grazie all’uso di una comodissima canna da pesca, che faceva il lavoro sporco.
La regola che m’ero imposto era semplice: mai frequentare due giorni di seguito il medesimo posto. Bisogna avere cura dei luoghi di caccia e rispettare i suoi esemplari. Cercavo sempre di lasciare una, due settimane di tregua ad ogni location, in quel modo le anatre non s’impaurivano troppo e le mie giornate di caccia passavano via tranquille.
Il lavoro qualche anno più tardi mi ha portato in Alaska: sì c’è freddo, c’è freddissimo e cacciare le anatre non è per niente semplice. I cacciatori certo non mancano e le anatre con il passare del tempo si sono fatte, giustamente, sospettose. Eppure non perdo le speranze: quando posso mi reco nelle anse dei fiumi o nelle foci, perché di laghetti accessibili qui non ce ne sono poi tanti, ma di questo racconterò la prossima volta.