Maledetti cinghiali… La loro presenza nei dintorni dei centri abitati è sempre più diffusa. La ricerca di cibo è più forte del timore di invadere il territorio dell’uomo. Per non parlare dei rischi collegati alla circolazione stradale. Ma in caso di sinistro, si può chiedere il risarcimento? Se sì, a chi? Una sentenza della terza sezione civile del Tribunale di Bari fornisce importanti indicazioni in merito. In primo luogo, l’automobilista deve dimostrare di avere fatto di tutto per evitare l’impatto. Soprattutto, smaltito lo spavento, bisogna ricordarsi di prendere carta e penna per scrivere alla Regione, non alla Provincia. La vicenda affonda le radici nel lontano novembre 2010: un automobilista che percorreva la strada provinciale 234 in direzione di Minervino Murge ha impattato contro un cinghiale di grossa taglia, riportando circa 3mila euro di danni alla vettura.
La proprietaria del mezzo, una Fiat Panda Cross, ha citato la Regione davanti al Giudice di pace per ottenere il risarcimento. L’ente ha lamentato quello che in diritto si chiama difetto di legittimazione passiva, in sostanza dice «Io non c’entro nulla, spetta alla provincia Bat eventualmente risarcire». Il contraddittorio viene così allargato e il giudice di pace dà ragione alla proprietaria della Panda, condannando la Provincia a pagare 3mila euro. Ma la Provincia non ci sta. E, assistita dall’avvocato Piero de Nicolo, impugna la sentenza, chiedendo questa volta lei il difetto di legittimazione passiva: «Cosa c’entro io, al massimo è competente la Regione».
Il Tribunale (giudice Luca Sforza) ha così dato ragione alla Bat. Intanto, ha stabilito che l’automobilista non ha diritto al risarcimento: non basta infatti la «mera presenza dell’animale sulla carreggiata o l’impatto tra il veicolo e lo stesso», ma occorre «fornire la prova dell’esatta dinamica dell’incidente, dalla quale emerga che il conducente abbia adottato ogni cautela possibile nella propria condotta di guida, circostanza questa da valutare con rigore in caso di circolazione in aree in cui fosse segnalata o comunque nota la possibile presenza di animali selvatici». La conseguenza di questo principio è che «L’ente regionale è, quindi, tenuto a fornire la prova che la condotta dell’animale non era ragionevolmente prevedibile o che comunque non era evitabile, anche mediante l’adozione delle più adeguate e diligenti misure di gestione e controllo della fauna, concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto». In altri termini, se tutte le precauzioni sono rispettate e l’incidente è un caso fortuito, allora non paga nessuno.
Ma il problema è della Regione, che «assolve non solo funzioni di legislazione, regolamentazione, programmazione e coordinamento, ai fini della pianificazione faunistico-venatoria, ma anche quelle di controllo e sostitutive». E dunque deve intervenire se, come in questo caso, «le Province risultino inadempienti nell’esercizio di una o più funzioni ovvero in caso di grave violazione di leggi, regolamenti e direttive regionali». Come ad esempio nel caso dei piani per il controllo della proliferazione dei cinghiali, che prevedono l’installazione di guard rail o reti di protezione nei punti più a rischio: se le Province non si muovono, spetta alla Regione attivare i poteri sostitutivi. E siccome questo non è avvenuto, il Tribunale ha stabilito che la responsabilità non è della Provincia Bat ma della Regione. Morale: l’automobilista deve restituire 3mila euro alla Bat, la Regione è avvisata: d’ora in poi dovrà vedersela anche con i cinghiali (La Gazzetta del Mezzogiorno).