La chimica ci aiuta a capire come è composta la polvere da sparo delle nostre cartucce. Sapere non solo la composizione, ma anche le quantità ottimali, ci consente di utilizzare i fucili in tutta sicurezza ed affidabilità.
Un po’ di storia. La polvere nera è conosciuta anche come polvere da sparo ed è una sostanza la quale brucia in maniera progressiva. Avendo un basso potere dirompente, la polvere da sparo è considerata l’esplosivo più innocuo che esista, pertanto è persino venduta liberamente negli Stati Uniti d’America.
La sua composizione chimica è salnitro, carbone vegetale e zolfo. Attualmente non si hanno notizie certe sulla sua invenzione, ma alcuni storici sono portati a pensare che la sua origine possa risalire alla Cina di molti secoli prima di Cristo. Abbracciando tale teoria, si può ritenere che queste miscele sarebbero siano state importate in Europa da parte degli Arabi, durante e dopo le Crociate in Terra Santa.
Saltando molti secoli, l’uso della polvere nera o polvere da sparo per la produzione di armi da fuoco e cannoni fu intralciato dalla problematicità di creare canne metalliche capaci di reggere l’esplosione. Miglioramenti nella metallurgia, con il passare degli anni, consentirono la creazione di armi più piccole, con la realizzazione del moschetto. Successivamente, la povere da sparo trovò sempre più spazio in parallelo al progresso tecnologico nel campo della metallurgia e dell’industria bellica.
Arrivando ai giorni nostri, vediamo cos’è, come è fatta e come funziona quella che oggi definiamo polvere da sparo.
Attualmente, la polvere da sparo conserva la stessa composizione chimica, ma in campo pirotecnico gli viene aggiunto il silicone, il quale ha un’azione idrorepellente e difende la polvere dall’umidità.
Molti dei propellenti che noi tutti oggi adoperiamo per le cartucce è a base di nitrocellulosa (Ne), una sostanza infiammabile che si ottiene per nitrazione della cellulosa (il principale componente del legno) con acido nitrico, in presenza di acido solforico concentrato. La nitrocellulosa così ottenuta ha l’aspetto di una pasta, la quale risulta non utilizzabile poiché insolubile e non lavorabile.
Affinché possa essere lavorata e impiegabile nelle armi, occorre solubilizzarla con solventi a base di alcool ed etere al fine di renderla plastica e lavorabile. Dopo questo trattamento, essa viene trasformata in fili o in sottili lamine, dalle quali si otterranno cilindretti o scagliette di varia lunghezza e forma, ossia ciò che in seguito finirà nei dosatori.
In commercio molti propellenti portano la sigla Ne, ma quasi mai sono davvero tali, poiché vengono utilizzate alcune sostanze chimiche le quali servono per adattarne le caratteristiche (principalmente la velocità di combustione) all’uso specifico cui sono destinate. Queste sostanze consistono additivi e per la loro composizione chimica non da considerarsi esplosivi veri e propri. Nella composizione degli attuali propellenti viene spesso scelto un esplosivo vero e proprio, la nitroglicerina, abitualmente indicata come Ngl.
La Ngl viene ottenuta per nitrazione della glicerina, una sostanza molto densa e di sapore dolciastro ed è un esplosivo potentissimo, ma anche eccessivamente sensibile agli urti e al calore, per cui come tale non può essere impiegata nelle armi da fuoco, ma (anche molto limitatamente) come esplosivo da mina. Tuttavia la Ngl viene utilizzata come solvente per la Ne, al fine di modificare quest’ultima con il proposito di ottenere un esplosivo di lancio più stabile ed efficiente.
I propellenti a doppie basi, ossia quelli comprendenti miscele in proporzioni variabili di Ne e Ngl, offrono molti vantaggi, come l’alta densità, maggior potenza o contenuto energetico ed infine la maggior stabilità.
I propellenti così concepiti si dividono in quattro principali forme: cilindretti, fogliette di forma quadrata o romboidale, granuli irregolari rotondeggianti a struttura porosa e dischetti. Esiste anche un’altra categoria di propellenti, la quale ha l’aspetto di piccole sfere definite Ball Powder, o anche Spherical Ball Powder, o più semplicemente BP.
Gli esplosivi di lancio hanno una velocità di combustione piuttosto controllata, al fine di farli bruciare con velocità diverse dall’inizio alla fine della combustione del granello, con uno sviluppo di gas graduale e non istantaneo. Nel momento in cui viene acceso, un granello di propellente brucia consumandosi dalla superficie verso l’interno, con una riduzione della superficie e del volume.
Il sistema di controllo della velocità di combustione, ancora oggi largamente usato, è di tipo meccanico o strutturale : forando il grano di propellente per tutta la sua lunghezza, la sua superficie si mantiene costante dall’inizio alla fine, poiché il grano forato brucia sia dalla superficie esterna verso l’interno, sia dalla superficie del foro verso l’esterno.
Uno dei primi tipi di propellente così concepito fu la solenite, propellente estruso a doppia base prodotto in Italia per il caricamento delle cartucce dei fucili modello 1891 sin dagli inizi del Ventesimo secolo.
Durante la seconda guerra mondiale, fu prodotto un altro tipo di propellente dalla Dupont De Nemours per le forze Armate Usa, destinato a cannoni di vario calibro, i cui grani recavano ben 7 perforazioni longitudinali. Questa polvere fu prodotta in grandi quantitativi (migliaia di tonnellate), le quali restarono inutilizzati con la fine del conflitto, al punto che la Olin-Winchester penso di utilizzarli per la fabbricazione delle prime Ball powder. Aggiungendo quantità variabili di Ngl, la Olin-Winchester ottenne un composto il quale veniva ridotto in sferette di dimensioni variabili immergendolo e trattandolo con uno speciale composto chimico. Il brevetto della Olin viene ancora oggi usato, ovviamente con i perfezionamenti resi possibili dalla moderna ingegneria industriale, per produrre le odierne Bp. La combustione di un propellente in grani forati viene definita di tipo neutro (neutral burning rate), e pur rappresentando una notevole evoluzione rispetto a quello della polvere nera, non è ancora in grado di appagare le esigenze delle cartucce più moderne, in particolare di quelle a palla per armi rigate.
Per ottemperare a questi bisogni, il propellente viene trattato con deterrenti o flemmatizzanti, sostanze che ne rallentano la velocità di combustione iniziale, obbligandolo a bruciare lentamente all’inizio, e velocemente verso la fine. Gli additivi usati per controllare la velocità di combustione vengono definiti flemmatizzanti o deterrenti, aumentano la stabilità, mentre l’abbassamento della temperatura di combustione viene ottenuto con l’aggiunta di raffreddanti, di solito oli minerali. I propellenti così ottenuti sono chiamati differenziati e progressivi, (progressive burning rate), cioè lenti all’inizio e veloci alla fine.
Tutti i propellenti che oggi vengono utilizzati sono di tipo progressivo.
Esistono, inoltre, propellenti di tipo medio-progressivo destinati a cartucce magnum per fucili a pallini, a quelle per revolver e alle cartucce per pistole semiautomatiche ad alta intensità
Infine, i tipi destinati alle carabine rigate sono tutti di progressività alta e altissima.
E’ importante ricordare che in qualsiasi cartuccia, usando lo stesso propellente, la dose deve essere necessariamente diminuita all’aumentare del peso della palla, ma per ottenere velocità e potenze alte anche con palle pesanti, sarà necessario ricorrere all’uso di propellenti più progressivi.
Giornalista e fondatore di Caccia Passione. Correva l'anno 2002 quando diedi vita al portale internet, mettendo a frutto tre grandi passioni, quella in lettere moderne, l'altra per l'informatica e altresì per l'attività venatoria. Negli anni Caccia Passione è divenuto testata giornalistica ove oggi scrivono le migliori "Penne" giornalistiche d'Italia.
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