La vicenda che sta riguardando un cacciatore piemontese 67enne dal 2016 è davvero particolare. Per quest’uomo è stata infatti chiesta una condanna a 2 mesi e mille euro di ammenda dopo essere stato controllato dalle guardie venatorie a Caluso (provincia di Torino), al termine di una battuta di caccia al cinghiale insieme ad alcuni amici.
L’accusa è quella di essersi recato in una riserva per il ripopolamento con il fucile in spalla e il cane. In base a questa ricostruzione, il 67enne avrebbe sistemato l’arma nella custodia dopo essersi accorto delle guardie, nascondendo anche due fagiani abbattuti poco prima. Inoltre, il cacciatore venne trovato in possesso di un guanto con due sole dita e che andrebbe bene soltanto per la sua mano. Le guardie hanno parlato poi di un bossolo rinvenuto non distante.
La difesa la pensa in modo completamente opposto. L’uomo si trovava nel Torinese per cacciare il cinghiale e avrebbe attraversato l’area protetta per raggiungere un capannone industriale a cui era interessato. Fagiani, guanto e bossolo non gli apparterrebbero: tra l’altro, il perito che è stato chiamato in aula ha spiegato come lo stesso bossolo sia un calibro 12, il quale corrisponde alla grande maggioranza dei fucili da caccia, ragione per cui non si può affermare che sia stato esploso dal 67enne. La sentenza di primo grado verrà pronunciata il prossimo 6 aprile.