Uno di loro avrebbe indossato un visore termico, facendo scattare controlli più approfonditi a loro carico. Nel portabagagli era così saltata fuori l’inequivocabile attrezzatura composta da una carabina con ottica di precisione, un silenziatore, numerosi proiettili, una torcia ad alta potenza con attacco applicabile all’arma, un coltello e attrezzature varie per il trasporto di animali uccisi. Tutto sequestrato, compresa l’auto utilizzata, secondo gli investigatori, per l’attività del bracconaggio.
Martedì scorso, però, la decisione dei giudici del tribunale del Riesame (composto dal presidente Giuseppe Narducci e dai magistrati Emma Avella e Alberto Avenoso) ha rimesso in discussione la prima ricostruzione degli inquirenti, accogliendo l’impugnazione della difesa (avvocato Maurizio Lorenzini), revocando il sequestro e disponendo la restituzione dei beni di proprietà dei tre cacciatori, ad eccezione delle munizioni riscontrate in più rispetto a quelle consentite per legge. Il difensore degli indagati aveva contestato la sussistenza del fumus di tutti i reati contestati ai tre indagati, facendo ricorso al tribunale della libertà per ottenere la restituzione degli oggetti sequestrati durante il controllo. Nullità del provvedimento, secondo i giudici, scaturita per “assoluta carenza” della motivazione sulla probabilità di effettiva consumazione del reato (La Nazione).