Il TAR Lombardia, Sezione I di Milano, a seguito di ricorso presentato dalla LAC contro alcuni atti del Consiglio regionale e della Giunta regionale della Lombardia, con ordinanza n. 00673 del 25 marzo 2022, ha dichiarato “rilevante e non manifestamente infondata” la questione di legittimità costituzionale dell’art. 43, comma 3 della l.r. 26/93 e dell’art. 10, comma 3 della legge 157/92 (di conseguenza, anche dell’art. 13, comma 3, lett. a) della l.r. 26/93), disponendo la sospensione del giudizio e l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, per la pronuncia di merito.
Nella fattispecie, la norma regionale impugnata dispone che i valichi montani (nel raggio di mille metri dai quali, come noto, ai sensi della legge statale, vige il divieto di attività venatoria) debbono essere individuati esclusivamente nel comparto A (maggior tutela) della zona faunistica delle Alpi; la norma statale impugnata, invece, prescrive le percentuali di territorio agro-silvo-pastorale da destinare a tutela della fauna selvatica, che in zona Alpi devono essere comprese tra il 10 e il 20% e nel restante territorio tra il 20 e il 30%, ivi inclusi i territori nei quali l’attività venatoria sia vietata anche per effetto di altre leggi o disposizioni.
La lunga e complessa vicenda giudiziaria, della quale questa ordinanza è al momento l’ultimo approdo, risale addirittura a un contenzioso amministrativo in allora innescato contro una deliberazione del Consiglio provinciale di Brescia del marzo 2009, con la quale vennero individuati e istituiti sul territorio provinciale i valichi montani con relativo divieto di esercizio venatorio. Dopo più pronunce del TAR Lombardia, del Consiglio di Stato (ultima nel 2020) e infine, a seguito dell’adozione di ulteriori atti da parte della Giunta e del Consiglio regionale nel corso del 2021, si perviene ora a questa ordinanza che va assai oltre il merito delle norme regionali impugnate, rimettendo alla Corte la stessa legittimità di uno dei cardini della pianificazione faunistico-venatoria per tutte le Regioni.
Non sfugge come l’esito di questo giudizio sarà vitale per il futuro della pianificazione e, dunque, per l’eventualità stessa che le Regioni non debbano più rispettare superfici massime di TASP da destinare a tutela della fauna selvatica, con la conseguenza di relegare la caccia in aree del tutto irrilevanti, improduttive e di nessun interesse dal punto di vista faunistico. Si tratterà inoltre del primo caso in cui la Corte sarà chiamata a pronunciarsi anche rispetto ai nuovi contenuti dell’art. 9 della Costituzione, secondo i quali, dopo recentissima modifica “La Repubblica …. tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.”