Il primo rischio per la Foresta Demaniale è rappresentato infatti proprio dall’impatto della popolazione di daini (1767 con un incremento del 39%, come da nota del Parco), introdotta agli inizi degli anni ’50, che ha raggiunto un’elevata densità con i conseguenti “danni al soprassuolo boschivo e alla rinnovazione forestale” come segnalato proprio dallo studio condotto sul campo del Parco Nazionale. In questa aggressione cadono vittime specie vegetali e si impoveriscono alcune comunità biologiche. Tutto l’ecosistema a cascata patisce lo squilibrio: a rischio sono specie native come la testuggine comune, l’istrice, il moscardino e la lepre italica, quest’ultima in forte declino.
L’Ente Parco lancia quindi il suo SOS puntando il faro sulla conservazione della biodiversità e chiedendo di implementare in questa direzione gli interventi legati al Piano gestionale di controllo del daino nella Foresta Demaniale. Come? “Soluzioni non cruente, quali la traslocazione dei capi sterilizzati in recinti a scopo ornamentale o la traslocazione dei capi all’interno di recinti in aziende agri-turistico-venatorie” scrive nero su bianco il Parco nazionale. Tutti sperano che ciò sia sufficiente e che non sia necessario mettere in atto soluzioni più drastiche, come già accaduto comunque in altre Aree Protette per la gestione degli squilibri causati da elevate densità di alcune specie.
Lo scopriremo dai bandi che saranno pubblicati sulle diverse attività adottate. La Selva di Circe, con i suoi itinerari per gli amanti della natura, a piedi o in bici, quasi 15 km di magia, rievoca bellezze antiche, di memoria omerica. “Su una cima rocciosa m’inerpicavo a esplorare: e mi apparve del fumo in casa di Circe, tra i folti querceti e la macchia” raccontava Ulisse nell’Odissea. La geografia da allora si unisce al mito e si salda in una sacralità tutta da difendere (Paeseitaliapress.it).