Appuntamento a Bruxelles
Nell’importante “calderone” generale e onnicomprensivo della Biodiversità, i punti all’ordine del giorno della audizione del 1° febbraio al Parlamento Europeo non erano certo banali o di poco conto:
1) Piombo nelle zone umide: eventuali deroghe e loro durata;
2) Lupo consistenza, problematiche ed eventuale declassamento da specie particolarmente protetta a protetta;
3) Importazione dei trofei di caccia
Assenze che hanno pesato
Evidentemente, però, vista la loro totale assenza, le altre associazioni venatorie riconosciute avevano problemi più impellenti e più importanti di quelli che erano in agenda a Bruxelles. Solamente la Libera Caccia ha trovato il tempo e le risorse per intervenire e far sentire anche la voce dei cacciatori italiani che sono investiti direttamente da queste problematiche. In particolare, la severa intransigenza dei legislatori che configura come reato penale il semplice possesso di munizioni nell’attraversamento di zone umide anche di dimensioni molto ridotte. Questo è un problema che va affrontato con grande senso di responsabilità e pragmatismo. Innanzitutto, con una congrua proroga dei tempi di attuazione e poi con una più puntuale definizione e individuazione delle zone umide, limitando le sanzioni all’uso effettivo delle munizioni in piombo e non al loro semplice possesso.
Problema lupo
Per il problema lupo non credo che i 3.300 esemplari, stimati da ISPRA, che secondo le nostre stime sono oltre 5000, presenti nelle nostre campagne, colline e montagne (e anche a ridosso dei centri urbani) possano passare inosservati senza che lo stato intervenga adeguatamente, con coraggio e coerenza. Nonostante gli animalisti minaccino fuoco e fiamme, giudicando molto severamente le decisioni del governo svedese, che intende ridurre i lupi presenti sul territorio nazionale (che è quasi il doppio di quello italiano!) dagli attuali 450 – giudicati eccessivi e pericolosi – al numero ottimale di 170. Chissà cosa farebbero gli svedesi se ne avessero 5.000!
Altri argomenti
Il terzo argomento in agenda, e cioè il divieto di importazione dei trofei, forse interessa un numero abbastanza limitato di cacciatori italiani ma serve a far capire in maniera chiara il valore della caccia nel mondo e soprattutto nel continente africano. Il rappresentante della Namibia, infatti, ha illustrato con parole accorate l’enorme danno che una simile decisione arrecherebbe all’economia del suo Paese (la caccia rappresenta il 5% del PIL) e il reale rischio di sopravvivenza di piccole e poverissime tribù locali. Come si vede, la caccia è una questione complessa e di carattere globale e va affrontata e risolta con rigore scientifico e coraggio politico dai vari Paesi membri. E con la partecipazione attiva dei cacciatori e delle loro associazioni (fonte: ANLC).