Si è l’11 novembre, a Firenze nella prestigiosa sede dell’Accademia dei Georgofili, l’interessante convegno sul tema della riforma della Politica Agricola Comunitaria e delle future interazioni con la gestione faunistica.
In una sala occupata al massimo della capienza consentita dalle regole anti Covid e con un nutrito numero di partecipanti in collegamento remoto, dopo l’apertura dei lavori da parte dell’Accademico Prof. Osvaldo La Marca, ha fatto seguito l’intervento del Presidente Nazionale della Federcaccia Massimo Buconi, che ha inquadrato il tema generale attorno al quale si sono poi svolte le relazioni dei relatori che si sono alternati al tavolo.
In particolar modo il Presidente Buconi ha spiegato come la riforma della Nuova PAC, in via di approvazione, dopo una lunga fase di gestazione, debba avere fra i protagonisti anche il comparto venatorio del nostro Paese e ogni ragionamento su agricoltura, ambiente e biodiversità debba necessariamente coinvolgere anche il sistema della gestione della fauna selvatica, operato dai cacciatori.
“Federcaccia vuole ridisegnare i rapporti fra caccia e società, caccia e agricoltura, caccia e ambientalismo – ha dichiarato il Presidente di Federcaccia –. Le pressioni antivenatorie arrivano al risultato paradossale di arrecare danno a quello stesso ambiente che si dice di voler tutelare, perché senza il lavoro dei cacciatori è di fatto assente ogni forma di tutela e di valorizzazione. Biodiversità gestione sostenibilità – ha concluso – devono essere temi praticati e non ‘predicati’”.
Le esposizioni dei relatori si sono poi dipanate cercando di sviluppare una riflessione sulla futura prospettiva agricola per il nostro Paese, anche in relazione al quadro giuridico e alle future risorse economiche derivanti dalla nuova PAC, in un contesto dove attualmente registriamo un costante aumento delle popolazioni della fauna ungulata, mentre al contrario prosegue il declino per molte specie faunistiche anche protette, appartenenti sia all’avifauna che alla piccola selvaggina stanziale, storicamente da sempre presenti nei nostri territori. Può un’agricoltura sostenibile che produce biodiversità ambientale determinare le condizioni affinché gli habitat siano favorevoli a specie faunistiche di pregio e fauna migratoria?
Dalle relazioni del Professor Marco Olivi dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e del Professor Ferdinando Albisinni dell’Università della Tuscia, analizzando gli aspetti legislativi della nuova proposta emerge come la 157/92 sia stata concepita come una legge incentrata solamente sulla tutela della fauna e volta alla sua gestione. “Abbiamo un problema di bilanciamento di interessi che la nuova PAC non risolve” hanno sottolineato i due relatori, evidenziando anche come nel disegno della Politica comune “Aumenta la burocrazia legata alle politiche agricole ed anche sul benessere animale non si è giunti ad alcun bilanciamento di interessi, lasciando, dal punto di vista normativo, un vuoto di indirizzo ed applicazione”.
Tra gli aspetti di particolare interesse la sottolineatura da parte del Professor Olivi Sulla sentenza della Corte Costituzionale del gennaio 2021, che riconosce che l’ampliamento dei soggetti autorizzati ai controlli della fauna da parte di una Regione è un innalzamento del livello di tutela ambientale minimo. La pronuncia rappresenta una importante apertura e ne consegue che lo standard minimo di tutela non può essere fissato in modo univoco, ma è legato alle condizioni ambientali e faunistiche territoriali, riconoscendo quindi agli Enti locali un ruolo che fino ad ora è stato sempre avocato e riconosciuto valido solo a livello statale.
Il Professor Nicola Lucifero dell’Università di Firenze ha messo in evidenza come anche la questione dei danni da fauna selvatica in agricoltura manchi di soluzioni sul piano giuridico sia Statale che Regionale: “Tutto è basato sull’ottica di prevenzione dei danni, che però si muove in un contesto ambientale e di normativa europea che è fortemente cambiato.
Il ruolo della caccia è convergente con la tutela ambientale e la conservazione della biodiversità. Occorre che con un cambio di prospettiva passi anche attraverso il ruolo dell’agricoltore”.
Per Francesco Postorino, in rappresentanza della Confagricoltura nazionale, la valutazione generale sulla riforma della Pac è negativa, finendo per costituire solo un ulteriore aggravio di burocrazia. “Il panorama faunistico è per certi versi migliorato negli ultimi anni – ha sottolineato – ma non si è saputo gestirlo. Esuberi di certe specie a scapito di altre vanno riportati a numeri accettabili. Occorre un nuovo patto tra caccia ed agricoltura. La caccia è un valore che non è mai stato sufficientemente messo a frutto. Modernizzarla non vuol dire però stravolgerla: le tradizioni, le cacce tradizionali devono essere tutelate”. La 157/92, dice Postorino, deve essere rivista, rivalutando e rendendo più centrale la figura dell’agricoltore e della impresa agricola, per giungere a necessari e nuovi equilibri tra Caccia, Agricoltura e Governance territoriale.
Anche per Giordano Pascucci, direttore Cia Toscana, la riforma della 157/92 non è più rimandabile anche se richiederà un tempo che l’impresa agricola non può più attendere.
“Fa ben sperare – ha dichiarato – la convergenza di quanto ho ascoltato su molti punti che necessitano di revisione, a partire dalla gestione delle zone protette, ma anche quelle marginali e non coltivate”.
Il professor Marco Apollonio, Università di Sassari, ha sottolineato come la variazione del territorio negli ultimi decenni abbia visto lo spopolamento delle campagne, l’abbandono della pastorizia errante ed un aumento delle foreste e delle aree protette che ha favorito un aumento esponenziale di alcune specie a scapito di altre. Gli ungulati sono infatti aumentati non solo in Italia ma in tutta Europa, con conseguenze sia per le produzioni agricole, che per l’ambiente.
Il Prof. Francesco Sorbetti Guerri ha illustrato la tematica dei danni da fauna selvatica dal punto di vista dei sistemi di prevenzione applicati al patrimonio forestale, ai rischi di natura sanitaria animale e umana, alla circolazione stradale, alla conservazione del suolo.
Il dottor Michele Sorrenti, coordinatore dell’Ufficio Studi e ricerche Federcaccia ha illustrato il ruolo dei cacciatori nel mantenimento di habitat e biodiversità e quanto possono fare all’interno delle possibilità offerte dalla nuova Pac anche indirizzando alcune pratiche agricole, che sappiamo essere rischiose per certe specie selvatiche.
“Il mondo venatorio – ha detto Sorrenti – viene a torto considerato utile solo nel contenimento delle specie in esubero mentre sono innumerevoli le iniziative a livello nazionale e europeo portate avanti dai cacciatori per la conservazione degli habitat agrari e soprattutto di ambienti umidi, impegnandosi anche in aree precluse all’attività venatoria o in progetti le cui ricadute positive riguardano solo in parte, a volte anche minima, specie cacciabili a favore di tutta la biodiversità”. Per l’Italia ha presentato alcuni esempi legati a colture a perdere o interventi gestionali in ambienti umidi con investimenti economici a intero carico dei cacciatori.
“La nuova Pac può diventare uno strumento di valorizzazione dell’ambiente e di recuperi ambientali. Il mondo venatorio può essere di stimolo in questo, anche facendo percepire all’agricoltore i vantaggi economici di una diversa conduzione dell’impresa agricola facendoli diventare partner di un miglioramento ambientale i cui vantaggi sarebbero per tutti” ha concluso Sorrenti.
Il dottor Michele Bottazzo, dell’Ufficio Studi e ricerche FIdC è entrato maggiormente nei dettagli sull’impegno che Federcaccia ha preso per far sentire la posizione dei cacciatori nell’applicazione regionale dei piani di sviluppo legati alla nuova Pac: dalla presentazione di studi tecnici a progetti locali, alla indicazione di misure utili alla fauna selvatica condivise in tavoli di partenariato con gli agricoltori. “Investire sugli ambienti agricoli significa investire sugli ambienti che maggiormente condizionano per le pratiche colturali la presenza di fauna selvatica sia stanziale che migratoria. Fra le proposte pratiche avanzate da FIdC colture a perdere, coltivazioni a seminativi per piccole superficie, mantenimento di prati e pascoli, mantenimento dei margini incolti, il mantenimento delle stoppie posticipando l’aratura. Tutti interventi che non portano aggravi economici particolari per l’agricoltore, riassorbibili e di grande importanza per la biodiversità complessiva”.
Al termine delle relazioni il vice presidente nazionale Moreno Periccioli è intervenuto in maniera incisiva per sottolineare come da tutti gli interventi sia emersa l’occasione imperdibile e irripetibile fornita ai cacciatori dalla nuova Pac.
“Una occasione ed una sfida – ha detto Periccioli – che abbiamo già raccolto e nella quale Federcaccia si è impegnata con serietà.
La legge nazionale 157/92 richiede una profonda revisione; lasciando alla caccia il profilo popolare che la contraddistingue, occorre ora rafforzarne l’aspetto tecnico e scientifico basato sul principio della ‘gestione faunistica’. Giudico importante – ha sottolineato Periccioli – quanto emerso sulla necessità di un nuovo patto fra Caccia e Agricoltura, evocato da Postorino. Solo cacciatori e agricoltori sono i soggetti che possono mantenere, aumentare e valorizzare la fauna selvatica nel nostro territorio. Anche in quest’ottica rivedere il ruolo degli Atc è ormai non solo opportuno ma necessario, così come la legge157/92”.
Periccioli ha concluso il suo intervento con un invito all’Accademia a farsi promotrice di una iniziativa che su questi temi possa fare da luogo e momento di incontro, confronto e sintesi, fra i diversi portatori di interesse, le cui conclusioni non possano che essere indiscutibili dal punto di vista tecnico-scientifico e una autorevole e qualificata base di confronto