Quando pochi anni addietro la Zeiss presentò la serie Victory V8 fu subito chiaro a tutti che ancora una volta l’azienda dal marchio bianco e blu aveva posto l’asticella a un livello tale da monopolizzare certi fattori di eccellenza. Nella vasta congerie di ottiche da puntamento oggi presente sul mercato pare, a volte, di poter criticare i prezzi elevatissimi a cui le marche di vertice propongono i loro prodotti: non siamo certo così addentro alle segrete cose, ma l’aver osservato direttamente almeno un paio di volte come si svolge la produzione nello stabilimento di Wetzlar consente anche a un profano di far propri certi concetti e di monetizzare, seppur in maniera molto approssimata, lo scorrere dei costi orari, dei materiali, degli impianti e della ricerca a cui si associano alcune eccellenze manuali del tutto peculiari come il controllo delle superfici ottiche effettuato manualmente da due gentili signore che decidono a fior di polpastrelli se la lisciatura debba considerarsi compiuta o se ancora siano necessari ulteriori passaggi sull’apposito apparecchio prima che l’opera possa dirsi terminata a regola d’arte. Buttare l’occhio in uno di questi cannocchiali rallegra lo spirito perché le immagini sono rese in maniera perfetta, la luminosità è fantastica, l’acquisizione in mira del bersaglio del tutto naturale: insomma si è arrivati alla migliore comodità di azione senza manco aver studiato un poco che cos’è che ci facilita a tal punto il compito. Cerchiamo di comprendere qualcosa di più sondando i diversi fattori in gioco.
L’impostazione tecnica
Le tre proposte dei Victory V8 si configurano nei seguenti valori: 1,1-8×30, 1,8-14×50 e 2,8-20×56 quindi con l’ottica classica da battuta ancora ben sfruttabile anche a distanze considerevoli su selvatici d’una certa mole, l’ottica universale con cui agire ancora con scioltezza in battuta e impegnare ungulati o nocivi alle distanze che si considerano già molto elevate mantenendo una compattezza volumetrica e ponderale, mentre i valori più elevati si possono riservare a quelle caccie solitamente di montagna dove le distanze si ingigantiscono e i valori crepuscolari diventano determinanti. Come si nota il cannocchiale che abbiamo avuto agio di provare grazie alla cortesia della Bignami è quello che molti vorrebbero montato sulla propria carabina: noi lo abbiamo sperimentato su una nuovissima Sauer 404 XTC Carbon, anch’essa ai vertici della tecnologia di settore.
Le misure, oltre ai poco più dei 50 mm di diametro dell’obiettivo, vedono 343 mm di lunghezza per 710 g di peso, senza la slitta di montaggio, quindi valori ristretti per un insieme flessibile e versatile nell’impiego dove intervengono i fattori di amplificazione di ingrandimento, lo zoom, e l’ampiezza di correzione per la caduta della palla. Le lenti Schott FL alla fluorite denominate HT ad alta trasmissività di luce (si raggiunge il 92%) assicurano una perfetta qualità dell’immagine, un elevato potere risolutivo che stacca il bersaglio dal resto della visuale e un campo visivo estremamente dilatato: insieme all’ampia pupilla di egresso e alla distanza pupillare di 95 mm il bersaglio viene catturato dall’occhio in un attimo facilitando la concentrazione sul posizionamento del reticolo, la correzione della parallasse e sull’imminente pressione al grilletto per il tiro.
Le correzioni per le lunghe distanze
Dopo aver accennato all’uso della terza torretta per la parallasse con l’aggiustaggio della distanza certificato da una messa a fuoco dell’immagine che, per la sua precisione, in azienda viene definita a lama di rasoio, osserviamo il sistema di compensazione della caduta del proiettile detto BDC Long Range, considerato attualmente il meccanismo più performante e intuitivo: qui viene motivato l’inusuale diametro del tubo dell’ottica, ben 36 mm, grazie a cui si rendono disponibili 100 scatti per correzioni fin oltre i 600 metri; oltre a ciò si ha un punto centrale in speciale fibra ottica del diametro virtuale di soli 3,3 mm a 100 m con ampia regolazione dell’intensità luminosa: si può così ingaggiare un bersaglio di minima entità sempre conservando una visuale molto ampia dell’insieme e piazzando il reticolo al punto esatto. Detto della luce parliamo un momento dell’impianto racchiuso nella rondella sagomata posta sopra all’oculare dotata di più funzioni e sempre veloce da utilizzare, silenziosa e intuitiva grazie alle corrugazioni su cui il dito si impegna con facilità: inoltre il risparmio della batteria vede un sensore che capta la posizione del fucile così che con la canna pressoché in verticale, alto o basso che sia, l’illuminazione si disattiva, pronta a riattivarsi quando la canna si rimetta in posizione quasi orizzontale. Da ultimo indichiamo il Reticolo 60 quale scelta ottimale operata dall’azienda su tale ottica per il riferimento classico a croce extra fine posta sul secondo piano d’immagine e con il punto centrale di ridottissimo diametro, ma di intensa luminosità. A conclusione ritorniamo un momento su quello che potrebbe rappresentare uno scoglio duro da superare: la quotazione rilevabile presso l’armeria di fiducia appare elevata, ma se si desidera davvero il meglio e lo si apprezza ogni volta che lo si impiega e poi ancora si pone il piacere dell’uso proiettato, a Dio piacendo, per un cospicuo numero di anni ecco che si affaccia alla mente quel famoso detto che recita chi più spende, meno spende applicabile a molti acquisti, ma che a noi pare attinente in modo speciale e specifico a un cannocchiale da mira da cui dipende, in percentuale elevate, l’esito della nostra caccia.