
I moderni telescopi da osservazione terrestre – quelli che usiamo a caccia per osservare, valutare e fotografare – non hanno un peso proibitivo. Poco più di 2 Kg, per i modelli maggiori. Tuttavia, questo peso è distribuito su circa 50 cm di lunghezza e tanto più se vi applichiamo una fotocamera per realizzare immagini o video in digiscoping. Gestire, brandire e maneggiare questi pesi/lunghezze per ingaggiare con la massima stabilità possibile il nostro soggetto, diventa un grande problema.
Tutto, poi, è complicato dal fatto che i maxi-ingrandimenti offerti dal telescopio, richiedono stabilità ai massimi livelli. Lo spostamento (o anche solo la vibrazione) di un millimetro nel punto di osservazione e/o ripresa a 200/300 metri diventa un vero e proprio terremoto. Ciò vale per l’osservazione/valutazione pura e, tanto più, in digiscoping e in tutte quelle situazioni nelle quali la messa a fuoco deve risultare la più precisa possibile. Queste sono le principali motivazioni alla base della ricerca del baricentro dell’attrezzatura. Quando tutto poggia sul baricentro, i pesi si annullano, non si hanno giochi passivi, si brandisce il lungo con un dito, si mette a fuoco con precisione e, quando si arriva all’ingaggio, l’attrezzatura resta stabilmente ferma e non si muove più anche senza serrare i fermi.

Occorre, quindi che il baricentro o, meglio la sua proiezione (sia verticale che orizzontale) cada entro la base del lungo montato sul treppiede. Accade (semplificando) per la torre di Pisa, che – consolidamenti a parte – non cadrà mai finchè il baricentro sta entro la base della torre. Accade, anche, con i pesanti e ingombranti teleobiettivi usati per la caccia fotografica. E’ un fondamentale principio della fisica.

In pratica, nel nostro caso, dobbiamo poter variare – a seconda dei pesi in gioco – il punto di caduta del baricentro. Gli ingredienti di questa ‘ricetta del baricentro perfetto’ sono quelli che la SwarovskiOptik, per esempio, ha messo in atto alla grande per i suoi lunghi: una base bilanciata e una testa trepiede ‘professionale’ che permetta di spostare avanti e indietro, in alto e in basso, il punto dove la base del lungo poggia sul trepiede. Vediamone, brevemente, il ‘funzionamento’ pratico usando, per esempio, un lungo della SwarovkiOptik (l’Azienda che ha colto questa esigenza prima di altri e ha risolto ‘il problema’ con due nuovi, utilissimi accessori):
- In osservazione pura, il baricentro cade entro il piede dello strumento: tutto bene e la base bilanciata serve quindi per creare una maggior superficie d’appoggio e per variare il punto della proiezione del baricentro nelle situazioni di angolo di sito elevato. Non dimentichiamo che il lungo è nato per l’osservazione pura: perciò il baricentro cade entro il piede dello strumento.
- 2. Quando pratichiamo il Digiscoping, colleghiamo al lungo una fotocamera, più o meno pesante, e il relativo adattatore. Il peso complessivo dell’attrezzatura non solo aumenta a seconda del tipo di fotocamera, ma lo fa gravando tutto da una parte sola, quella dell’oculare. Talora il peso totale raddoppia e lo fa sbilanciando l’insieme in modo assai pronunciato. Occorre, perciò, bilanciare spostando la proiezione del baricentro all’indietro: la base bilanciata, da sola, può ‘funzionare” con le fotocamere digitali leggere, ma non è sufficiente con le reflex, più pesanti; in questo caso si usa una testa a bilanciere che lavora in perfetta sinergia con la base bilanciata e accoglie la proiezione del baricentro. Non a caso, trattandosi di fotocamere ‘professionali’, la nuova testa a bilanciere della Swarovski Optik si chiama “Testa professionale PTH”.
- L’effetto finale da ottenere, una volta per tutte, è questo: dopo aver trovato il baricentro ideale e senza dover serrare i freni delle manopole della testa, l’attrezzatura si ferma esattamente dove si vuole, senza alcun gioco passivo, né in alto o in basso, nè a destra o a sinistra; quando, poi, il soggetto si muove, lo si segue con grande facilità senza dover aprire o riserrare i freni della testa. Nel caso del digiscoping, raggiunto il punto d’ingaggio desiderato, dopo la focheggiatura si tolgono le mani dall’attrezzatura e si scatta con lo scatto remoto, senza alcuna vibrazione di sorta. Scusate se è poco e se il rischio di mosso o micromosso viene scongiurato, per sempre.
Per cogliere anche i minimi dettagli di un camoscio ad oltre 200 mt. di distanza, il bilanciamento dell’attrezzatura tutta risulta fondamentale, anche con importanti angoli di sito.
Per queste ed altre motivazioni di ordine pratico, i digiscopers, i fotografi naturalistici e gli appassionati delle pesanti reflex FX amano particolarmente questo tipo di bilanciamento che possiamo definire “professionale” e rifiutano decisamente tutte le teste a sfera che – oltre all’usura della sfera stessa – hanno sempre un po’ di gioco passivo e, allo sblocco, si orientano in modo disordinato e casuale. Impossibile seguire un animale sul terreno. Molto facile cadere nel rischio del mosso e perdere l’ingaggio. Ecco perché il bilanciamento dell’attrezzattura – magari coadiuvato dalla mano sinistra che preme (all’ingaggio) sulla ghiera del fuoco e la destra sulla fotocamera – risulta assolutamente fondamentale. Irrinunciabile se vogliamo risultati di qualità.