Come reso noto dalla Federcaccia, negli scorsi giorni è apparso nello spazio dedicato alla posta dei lettori dei quotidiani “Libero” e “La Prealpina” – e probabilmente anche su altri, dal momento che la lettera in questione sembra essere stata inviata a mo’ di comunicato stampa – uno scritto a firma Massimo Puricelli, che potete leggere in allegato. Prendendo spunto dal recente convegno organizzato dalla Federcaccia di Milano, Monza Brianza nel corso del quale sono stati evidenziati le possibilità di creare posti lavoro legati all’attività venatoria, Puricelli ha avanzato una forte critica alla caccia nel suo complesso. Federcaccia e con lei le altre AVVV della Cabina di Regia e il CNCN hanno risposto in modo puntuale e preciso, chiedendo analogo spazio alle testate citate.
Correttamente “La Prealpina” ha pubblicato questa mattina le nostre argomentazioni, che riportiamo di seguito:
Egregio Direttore, abbiamo letto quanto scritto dal signor Puricelli al quotidiano da lei diretto e pubblicato nello spazio delle lettere. Quanto scrive è ovviamente la sua legittima opinione e in quanto tale non vogliamo, ne crediamo sarebbe possibile, fargliela cambiare. Diversa la questione dei dati che riporta a sostegno di quanto scrive, a partire dal fatto che la maggioranza degli italiani sarebbe contraria all’attività venatoria. La ricerca Ipsos a cui fa riferimento e che riporta un 79% dei contrari risale al 2010 è infatti confutata da un’altra indagine, svolta nel 2013 fra un campione rappresentativo degli Italiani 18-80enni, pari a circa 46,1 milioni di adulti, che segnala invece una crescita significativa del favore dei nostri connazionali circa l’attività venatoria se legale e cioè normata, limitata, responsabile e sostenibile.
Il consenso indicato da quella ricerca si attesta al 56% degli adulti e degli anziani, marcando quindi una situazione ben diversa da quella da lui illustrata. Discutibili, ma sempre attraverso fatti e non opinioni personali, anche le considerazioni avanzate in merito al valore dell’attività venatoria. Il signor Puricelli evidentemente ignora che studi recenti dell’Università di Urbino indicano in oltre mezzo punto percentuale di PIL solo la parte di economia produttiva diretta che ruota attorno alle attività di gestione faunistica, un settore che crea lavoro e occupazione. Oltre a questo, la caccia coinvolge migliaia e migliaia di donne e uomini impegnati nelle campagne, nella gestione diretta di governo della fauna, nel controllo delle aree protette, nella vigilanza antibracconaggio.
Una presenza costante e attenta sul territorio che nessuna forza di polizia o altre forme di volontariato possono nemmeno lontanamente pensare di eguagliare. Per quanto riguarda i dati degli incidenti infine, sono 12 i decessi accertati durante la stagione 2018-19 (dal 1° settembre 2018 al 30 gennaio 2019), con una diminuzione del 33% rispetto a quella precedente. Per maggiore chiarezza, gli incidenti mortali che hanno coinvolto i cacciatori sono stati 10 (83% del totale), mentre quelli che hanno coinvolto i non cacciatori sono stati 2 (17% del totale). Durante lo stesso arco temporale i feriti sono stati 50, con un calo del 17% rispetto al 2017-18. I ferimenti dell’ultima stagione hanno coinvolto per il 74% dei casi cacciatori (37 feriti) e per il rimanente 26% dei casi non cacciatori (13 feriti).
Anche un solo decesso durante la caccia rimane inaccettabile, siamo i primi a dirlo, ma forse è bene ricordare che qualsiasi attività umana, anche quella apparentemente più sicura, comporta una percentuale di rischio che può essere abbassata, ma non eliminata del tutto. Su una sola cosa possiamo essere d’accordo con Puricelli: la caccia non è uno sport. La caccia è una attività antica che si pratica per passione, non per sport. Significa tradizione, cultura, attività sociale, produttiva di ambiente, di vita, di fauna selvatica. È tutela del territorio, del paesaggio e delle colture agricole, manifestazione di una ruralità vera e vissuta, non “patinata” e glamour. È aggregazione, amicizia, amore per l’ambiente e la natura e molte altre cose ancora. Ci spiace che il signor Puricelli tutto questo non riesca a comprenderlo e preferisca negarlo e chiedere, non capendolo, che venga proibito, tipico esponente di una cultura integralista, che dovrebbe ormai essere superata anche perché ha dimostrato di essere incapace di produrre utili risultati.